5. incontro sventolando uno straccio bianco”14. ogni paese, in qualsiasi parte del mondo deve prendere una
La percezione di ostilità reciproca determina nelle parti com- decisione. O siete con noi o siete con i terroristi, e quindi
portamenti che favoriscono ulteriormente il clima di sfiducia, contro di noi”16. Gli stessi toni li ritroviamo nelle dichiarazio-
attraverso la c.d. “profezia che si auto-avvera”. Il meccanismo ni pubbliche all’indomani di alcuni tra i più tragici attacchi
si basa sulla percezione che l’altro stia preparando qualcosa terroristici degli ultimi anni; a Mosca dopo l’attacco al tea-
contro di noi e questo determina un nostro comportamento tro Dubrovka, ottobre 2002 e a Mumbai dopo gli attacchi
negativo “preventivo”, che finisce per provocare nell’altro del novembre scorso in Russia e in India si è parlato di “11
proprio il comportamento ipotizzato (e temuto). Durante la settembre russo” e “11 settembre indiano”. In molti casi alla
Prima Guerra Cecena (1994) un generale russo disse che retorica ha poi fatto seguito una dura politica repressiva nei
“un ceceno non può essere che un ladro o un assassino. E confronti dei movimenti di opposizione.
se non lo è, allora significa che si sta preparando a compiere Come abbiamo visto, la creazione dell’immagine del nemico
qualche altro genere di crimine”15. Il sociologo Robert Mer- è una costruzione soprattutto “mentale”, costruita nel corso
ton sottolinea che se gli uomini definiscono le cose come del tempo e, una volta ottenuta, è difficilmente reversibile;
reali, queste diventano reali nelle loro conseguenze. non sono ammesse valutazioni acritiche della controparte,
ma solo posizioni nette, di condanna, nella quale ogni azio-
La generalizzazione: spariscono le posizioni ne del nemico è interpretata come conferma dell’immagi-
moderate ne negativa creata. Uno dei contesti in cui l’immagine del
La dinamica delle percezioni è spesso caratterizzata da nemico mostra le sue potenzialità distruttive è il continente
quella che Toscano definisce la “patologia della memoria” africano (genocidio in Ruanda del 1994 = oltre 800.000 mor-
ossia l’uso della leggenda e del mito per esaltare in termini ti in pochi mesi; conflitto nella Repubblica Democratica del
positivi le glorie del proprio gruppo (“tutti principi”) e in termini Congo = 4 milioni di morti in dieci anni; conflitto nel Darfur
negativi le relative sofferenze (“tutti martiri”). La stessa ge- = oltre 300.000 morti in sei anni). Nel 1998, l’allora segre-
neralizzazione riguarda gli “altri”, che acquistano un senso tario generale ONU Kofi Annan, scrisse: “Il carattere multi-
come appartenenti a un gruppo e non come singoli individui etnico della maggior parte degli stati africani rende il con-
(es. Putin quando etichetta tutti i combattenti ceceni come flitto ancora più probabile, producendo una politicizzazione
“terroristi”). La logica del binomio “amico-nemico” semplifica dell’etnicità spesso violenta. In casi estremi, comunità rivali
il confronto tra i gruppi e prevale su ogni altro elemento e possono ritenere che la loro sicurezza, forse la loro stessa
fattore interpretativo. L’immagine astratta del nemico finisce sopravvivenza, possano essere garantite unicamente at-
per prevalere sulla individualità delle persone concrete. Così traverso il controllo statale. In questi casi il conflitto diventa
se un palestinese uccide un israeliano è la “Palestina” nel praticamente inevitabile”17. Tuttavia, le antipatie etniche e/o
suo complesso che colpisce “Israele” (e viceversa). Pertan- culturali non portano in maniera ineluttabile alla violenza; in-
to, le posizioni si radicalizzano e ciascuno, all’interno dei due fatti la dinamica delle percezioni deve agire in un contesto
gruppi, interpreta il conflitto come inevitabilmente destina- in cui sono presenti alcuni fattori “oggettivi”: una situazione
to allo scontro. Nei momenti di forte tensione le posizioni economica disastrosa, disuguaglianze sociali rilevanti, la
moderate svaniscono a favore di quelle estreme e non è tendenza alla sovrappopolazione, l’afflusso di emigranti
ammessa alcuna voce contraria; anzi, chi non condivide la percepiti dalla popolazione come stranieri, tensioni etniche
posizione dominante e/o propone soluzioni alternative vie- o religiose, ecc. Ma queste non sono ancora sufficienti a
ne considerato un anti-patriota e un traditore. La già citata determinare con certezza uno sviluppo violento delle ten-
RTLM nel corso del genocidio del Ruanda denuncia gli hutu sioni; infatti è necessario che siano presenti anche elementi
moderati (molti dei quali saranno vittime del genocidio), i propulsori “costruttori” dell’opinione pubblica, appartenenti o
soldati che disertano il fronte e ammonisce chi, all’interno meno al potere politico, che diano una lettura mirata della
delle milizie, si mostra più propenso al saccheggio che non situazione e affermino: “Ecco che cosa ci succede, ecco chi
al massacro dei tutsi. La retorica del “o con noi o con loro” è responsabile della nostra disgrazia. Sono ‘loro’ la causa
(“la nostra sopravvivenza è possibile solo attraverso la di- delle nostre sofferenze. Dobbiamo assolutamente sbaraz-
struzione dell’altro”) interviene spesso nelle situazioni con- zarcene. Vi promettiamo che, dopo, tutto andrà meglio. Non
flittuali ed è utilizzata anche dalle democrazie nei momenti di dovete far altro che sostenerci, o meglio unirvi a noi, così
crisi per chiamare a raccolta gli alleati. È divenuto celebre il che possiamo farla finita con questa peste” (Semelin, cit., 8).
discorso del presidente Bush, pochi giorni dopo l’attacco alle In presenza di determinati elementi “oggettivi” è questo tipo
Torri Gemelle, nel corso del quale ha detto: “Non daremo di discorso che può davvero scatenare uno sviluppo violen-
tregua a tutte le nazioni che proteggono i terroristi. Adesso to del conflitto. n
12
Internazionale, n. 781, p. 81.
13
La guerra a torto o a ragione, The Economist, in Internazionale, n. 777, p. 23.
14
Hass, Stracci bianchi, Internazionale, n. 781, 6 febbraio 2009, p. 14.
15
Vietti, Cecenia e Russia. Storia e mito del Caucaso ribelle, Massari ed., Bolsena (VT), 2005, p. 29.
16
Patfoort, Difendersi senza aggredire, EGA editore, 2006, p. 50.
17
United Nations, The causes of conflict and the promotion of durable peace and sustainable development in Africa. Report of the Secretary General, 16 aprile 1998 in
Toscano, cit., p. 174. .
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n. 2 - 2009
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