Lo sviluppo atletico: l'arte e la scienza dell'allenamento funzionale nello sport
di: Vern Gambetta
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UNA STRUTTURA
DEL CONDIZIONAMENTO
FUNZIONALE
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uando osservo i vari sport dalla prospettiva dei movimenti, e non delle
abilità, vedo bellezza e fluidità. Ogni lancio, ogni accelerazione fondamentalmente sembrano essere sempre gli stessi. Le sole cose che
cambiano sono gli attrezzi, il terreno e l’abbigliamento sportivo.
Quando alleno, cerco quali siano gli elementi comuni nei movimenti e cerco
di allenarli. Tutti gli sport prevedono alcuni di questi movimenti: correre, saltare, lanciare, spingere, tirare, prendere, sollevare, flettere, estendere, fermarsi
e scattare. Quando mi propongo di formulare e realizzare un programma di
condizionamento sono consapevole di tutti questi movimenti e di come si
fondino e si armonizzino efficacemente nell’abilità atletica.
Per preparare un programma di allenamento efficace, occorre allenare le abilità fondamentali di movimento prima di allenare le abilità specifiche dello
sport. Questo approccio è opposto a quello tipico, per cui per prime si insegnano le abilità sportive e lo sport viene utilizzato come condizionamento fisico. L’abilità specifica di uno sport si compone di un insieme di una serie di
movimenti all’interno di un tutto, che è l’obiettivo. Bisogna iniziare con un’idea di come si vuole che l’atleta diventi alla fine del programma di allenamento, e poi suddividerla in parti progressive fino al raggiungimento di quel
punto, ma senza mai perdere di vista il tutto. Il risultato finale sarà un programma di allenamento funzionale.
L’allenamento funzionale durante la sua evoluzione ha assunto tante forme. Nessuna di esse è corretta o scorretta; è importante solo tenere presenti i principi
dell’allenamento funzionale come li esponiamo in questo testo e usarli come criteri di valutazione. L’allenamento funzionale è qualcosa di più che lavorare su
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I FATTORI CHE INFLUISCONO
SUL MOVIMENTO SPORTIVO
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n movimento efficace, specialmente nelle prestazioni sportive di alto
livello, è il risultato dell’interazione tra le tre costanti del movimento: il
corpo, la gravità e il suolo. Conoscere separatamente ognuna delle
costanti del movimento è importante, ma è più importante capire in che modo
interagiscono tra loro. Aumentare l’interazione tra le costanti del movimento
svilupperà ulteriormente il percorso funzionale, per cui sarà possibile progettare
il programma di allenamento più efficace per l’atleta. Qui troviamo sia l’arte sia
la scienza dell’allenamento. Se si vuole costruire e realizzare il programma di
allenamento più efficace, non bisogna mai perdere di vista l’interazione tra le
tre costanti. Per migliorare la comprensione del movimento nel percorso funzionale, si deve conoscere le costanti del movimento e le loro relazioni reciproche.
La loro interazione produce un movimento sportivo efficace. Per questa ragione
è opportuno tenerne conto in ogni programma di allenamento.
IL MOVIMENTO E IL CORPO
La prima costante del movimento è il corpo. Il corpo è un sistema complesso
costruito per produrre quei movimenti richiesti dall’attività che si vuole realizzare. La struttura del corpo ci dice che esiste un piano strutturale. Vi sono vari
sistemi di leve grazie ai quali il corpo è meccanicamente avvantaggiato in
certi compiti e svantaggiato in altri. In un certo senso, il corpo può essere
considerato come un work in progress, ovvero un lavoro sottoposto continuamente ad aggiustamenti e nuovi sviluppi, mai del tutto finito: è notevolmente
adattabile ad una varietà di condizioni e di sollecitazioni.
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L’ANALISI DELLE RICHIESTE
SPECIFICHE DI UNO SPORT
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ra che abbiamo una conoscenza di base della funzione del muscolo
e abbiamo trattato delle costanti del movimento, possiamo analizzare ciò che ci serve per poter elaborare un programma di allenamento efficace per qualsiasi sport. Innanzitutto, si deve conoscere lo sport per cui
si allena. Qualunque carenza in una valutazione completa delle richieste di
uno sport si manifesterà più tardi sotto forma di prestazioni errate, di infortuni o di superallenamento. Non si deve dare nulla per scontato nei vari sport e
per quanto riguarda i ruoli o le gare di un sport specifico.
Le riprese video digitali e i computer hanno permesso di compiere progressi
notevoli nel campo dell’analisi notazionale computerizzata (la cosiddetta
match analysis, NdC). Adesso abbiamo a disposizione informazioni esatte sui
movimenti durante le partite. In realtà, gran parte del lavoro è stato diretto
all’analisi delle tecniche, delle tattiche e delle strategie. Poche analisi sono
state dirette all’identificazione delle componenti della preparazione fisica. Tuttavia, dal punto di vista di un preparatore fisico (conditioning coach), l’informazione è preziosa. È possibile ricevere informazioni sulle velocità in vari
momenti della partita, sui pattern di movimento, sulla frequenza di certe azioni e sul confronto tra le azioni eseguite in momenti diversi della gara per
determinare quale è la fatica. Molti allenatori non hanno a loro disposizione
questi strumenti sofisticati. Se si ha la fortuna di averli, va bene, ma occorre
ricordare che è possibile lavorare anche con strumenti semplici, uniti ad un
approccio sistematico all’analisi.
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SCELTA E METODI DI TEST
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uando si è compreso come si muove il corpo e quali siano le richieste dei vari sport, è necessario determinare quali siano le capacità
fisiche che l’atleta usa nello sport considerato. I test si utilizzano per
identificare sia i punti deboli sia quelli forti nella velocità, nella potenza (forza
rapida), nella resistenza e nella flessibilità (o mobilità articolare, come è più
corretto). Questo processo consente di personalizzare il programma e renderlo specifico per quel dato sport e per quel dato atleta.
I test sono quantitativi e oggettivi. Da essi è possibile ricavare numeri certi
che possono essere usati in svariati modi. La valutazione, d’altra parte, è qualitativa e soggettiva; indica tendenze e idee. Questi due elementi messi insieme forniscono l’informazione necessaria per creare il programma di allenamento più preciso possibile. l test dovrebbero valutare le capacità motorie globali dell’atleta e dovrebbero riflettere le richieste di uno sport. Per esempio, i
nuovi test di flessibilità con gli ostacoli che presenteremo più avanti in questo
capitolo permettono di dare un riscontro immediato all’allenatore e all’atleta.
In base a questo feedback è possibile creare velocemente un programma che
dovrebbe diventare una routine giornaliera di esercizi sulla flessibilità diretti a
correggere le carenze. Ci sono vari motivi per cui si devono eseguire test:
• per ottenere informazioni e feedback sul progresso dell’allenamento: a che
punto è l’atleta rispetto ai suoi obiettivi?
• Per ottenere informazioni sulle componenti specifiche della preparazione
dell’atleta: il test mostrerà se l’atleta sta migliorando o peggiorando in un
settore specifico.
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LE STRATEGIE
DI ALLENAMENTO
DELLA PRESTAZIONE
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na pianificazione efficace a breve e a lungo termine rappresenta la
pietra angolare del processo di sviluppo dell’atleta. Il luogo comune
secondo il quale “fallire la pianificazione significa pianificare un fallimento”, è assolutamente vero. Per pianificare efficacemente in modo da ottenere un adattamento ottimale all’allenamento, ritorniamo al concetto del
corpo come costante. Il nostro corpo (o meglio il nostro organismo) è un
sistema precisamente sintonizzato di orologi interni sincronizzati tra loro che
presentano ritmi e cicli prevedibili. Tutte le nostre funzioni fisiche sono governate da questi cicli interni. Più si comprende e si sfrutta la natura ciclica dell’organismo, più si sarà in grado di predire e controllare il processo di adattamento all’allenamento.
Il corpo lavora secondo vari ritmi circadiani ed è influenzato da essi. Tali ritmi
controllano i cicli sonno-veglia, la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna,
la coordinazione neuromuscolare, la temperatura corporea, la sopportazione
del dolore e i cicli mestruali. La cronobiologia, che è un settore emergente
degli ultimi anni, può essere di grande utilità nel processo di allenamento. Se
vogliono lavorare nel migliore dei modi, gli allenatori e gli scienziati dello
sport devono utilizzare la cronobiologia nella pianificazione dell’allenamento.
Tra i cicli del corpo, quello che è trascurato più spesso è il ciclo mestruale
delle atlete. Il ciclo mestruale ha un effetto profondo sul loro allenamento e
sulla loro prestazione; su questo argomento, esiste purtroppo una carenza
sorprendente di informazioni documentate.
Tutti sentiamo spesso usare i termini “allodola” e “gufo” in riferimento a persone che sono più efficienti la mattina presto o il pomeriggio tardi. Si tratta di
6. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:09 Pagina 99
LA PIANIFICAZIONE
E LA MESSA A PUNTO
DEL PROGRAMMA
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a pianificazione dovrebbe far parte della carriera di un atleta fin dagli
stadi iniziali della sua pratica sportiva. Il piano per un esordiente non
deve essere così dettagliato come quello di un atleta di alto livello che
si prepara per un campionato mondiale. Nella fase iniziale, virtualmente,
qualsiasi tipo di lavoro porterà a un miglioramento. Un atleta agli esordi,
quindi, non avrà bisogno di un piano individuale: invece si può utilizzare un
piano di gruppo basato sull’età biologica. Quando l’atleta inizia a fare progressi, ha bisogno di piani che siano adattati ai suoi obiettivi individuali di prestazione. A livello di élite, praticamente non esiste alcun margine di errore: per il
successo è indispensabile una pianificazione dettagliata.
L’elemento chiave di un piano a lungo termine è la valutazione continua dei
progressi in allenamento e in gara in modo che esso, e il lavoro che ne consegue, siano più specifici. Olbrecht (2000) fa una distinzione interessante nel
processo di pianificazione: in un processo di allenamento, la prima fase è
quella pianificazione che prevede la raccolta di tutte le componenti e i dati
necessari a migliorare la prestazione di gara (competizioni, valutazioni, metodi di allenamento, attività sportive e non sportive). La seconda fase è la periodizzazione dell’allenamento che comprende l’organizzazione, la programmazione e la messa a punto del momento (timing) e della durata di ogni tipo di
allenamento e di test nell’arco di un anno, secondo gli obiettivi prefissati.
A volte, è facile farsi prendere la mano dal processo e dimenticare che l’obiettivo della pianificazione è la preparazione alla gara. Tutto dovrebbe mirare al raggiungimento di un picco di forma sportiva al momento della gara
considerata.
7. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:10 Pagina 145
L’ENERGIA
E LA CAPACITÀ DI LAVORO
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n’opinione comunemente accettata è che, per costruire un valido programma di allenamento, si debba sviluppare un’ampia base di capacità generale di lavoro (fitness). Si tratta, indubbiamente, di una opinione valida, ma molti esperti dell’allenamento e molti allenatori confondono
lo sviluppo di una base per l’allenamento con lo sviluppo di una base aerobica, che è sicuramente importante per gli atleti degli sport di endurance, ma
che rappresenta solo una parte di un programma più vasto per gli atleti di
sport che non sono di endurance. Molto dipende dall’atleta e dal tipo di sport.
Ovviamente un atleta che pratica uno sport a sprint intermittenti o sport con
situazioni variabili avrà bisogno di un accento maggiore sulla capacità aerobica, rispetto ad un atleta degli sport di sprint. Il vero obiettivo è quello di creare una solida base di forma fisica generale che presenti un effetto di transfert
specifico sulle richieste dello sport praticato o del tipo di ruolo o di gara e che
consideri i bisogni individuali. Preferisco concettualizzare il tutto parlando
dello sviluppo di una capacità di lavoro che comprenda tutti gli aspetti. L’allenamento della capacità di lavoro pone le basi per un lavoro più specifico e
intenso da realizzare nei blocchi successivi dell’allenamento. Occorre ricordare, però, che quando finisce un blocco di allenamento dedicato alla capacità
di lavoro, il suo allenamento non dovrebbe essere abbandonato. Tale allenamento deve essere inserito in tutti gli altri blocchi di allenamento per stabilizzare quei suoi incrementi che sono stati realizzati nel blocco dedicato ad essa.
8. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:10 Pagina 175
LA PREDISPOSIZIONE
AL MOVIMENTO
E L’EQUILIBRIO
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no sviluppo fisico efficace è basato sullo sviluppo delle abilità fondamentali di movimento prima ancora delle abilità sportive specifiche.
Nelle passate generazioni si trattava di qualcosa che veniva dato per
scontato perché le richieste della vita quotidiana si occupavano dello sviluppo
degli schemi motori di base. Le persone di ogni età erano molto più attive di
quanto non lo siano oggi. I bambini crescevano muovendosi e il gioco libero
rappresentava la maggior parte della loro attività quotidiana. Nuotare, saltare,
saltellare, correre, allungarsi per prendere qualcosa, sollevare e lanciare erano
attività naturali e spontanee; tutto si svolgeva in un ambiente spontaneo e
ludico. Anche nel mondo adulto c’erano meno problemi rispetto ad oggi. Le
persone camminavano invece di guidare l’auto. Lo sforzo fisico faceva parte
della vita quotidiana. La gente generalmente partecipava invece di guardare.
Negli Stati Uniti era previsto un insegnamento obbligatorio dell’educazione
fisica dall’asilo fino al dodicesimo grado (fino alla maturità) in ogni scuola.
Il mondo dello sport e dell’attività fisica non è un mondo a parte rispetto al
resto della società; gli atleti sono un prodotto della società in cui crescono.
Non esiste più l’educazione fisica obbligatoria che rappresenti la base per lo
sviluppo delle abilità motorie. C’è molto meno gioco libero ed esiste una maggiore attività sportiva strutturata. L’effetto di tutto ciò è rappresentato da una
diminuzione notevole delle abilità motorie fondamentali. Un sano programma di sviluppo fisico si basa sul miglioramente delle abilità motorie fino al
loro massimo livello. Queste abilità fondamentali devono essere incluse su
base giornaliera nei programmi di allenamento degli atleti indipendentemente dal livello di sviluppo. Ovviamente, quando l’età e le capacità degli atleti
9. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:10 Pagina 193
IL CORE DEL CORPO:
UN PUNTO CRITICO
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ore1 è un termine abbastanza nuovo nel lessico dell’allenamento e che
ha ormai acquisito una sua autonomia. Spesso viene usato come sinonimo di addominali, che non è del tutto corretto. Il termine core è stato
coniato da Bob Gajda e Robert Dominquez, due pionieri nel campo del
miglioramento della prestazione, che l’hanno usato per la prima volta, nel
1982, nel loro libro fondamentale Total Body Training.
La base dell’allenamento totale del corpo è il core, che comprende i muscoli
della parte centrale del corpo. Tali muscoli stabilizzano il corpo, mentre si
trova nella stazione eretta, antigravitazionale o mentre usa le braccia e le
gambe per lanciare o calciare. Tali muscoli sostengono la struttura del corpo
durante esercizi intensi come correre, saltare, spalare la neve e sollevare pesi
sopra la testa. Controllano la testa, la nuca, le costole, la colonna vertebrale e
la zona pelvica (Dominquez, Gajda 1982). È interessante notare che il termine core non è nato in laboratorio con la ricerca scientifica, ma è venuto fuori
dalla pratica e dall’esperienza. I praticanti di arti marziali hanno sicuramente
capito l’importanza e la funzione del centro del corpo da migliaia di anni.
Nelle arti marziali esso viene chiamato chi o ki, il centro dell’energia. In termini scientifici, è il luogo dove si trova il centro di gravità del corpo. Controllare il centro di gravità è fondamentale per muoversi efficacemente.
È utile immaginare il core come se fosse un cilindro solido che circonda il
corpo e che gli dà un’integrità strutturale. I muscoli del core sono più coinvolti
in azioni toniche (stabilizzazione) piuttosto che in azioni fasiche (movimento).
Ciò vuole dire che i muscoli sono in funzione continuamente quando una persona è in movimento, o è nella stazione eretta o seduta (Dominquez, Gajda
10. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:10 Pagina 217
LA FORZA
IN TUTTE SUE ESPRESSIONI
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el processo di sviluppo sportivo, l’allenamento della forza è forse il più
importante perché è una capacità che si trova alla base di un numero
elevato di altre componenti. La forza e tutte le sue manifestazioni ricoprono un ruolo chiave nella postura. La forza è il prerequisito sia per correre velocemente sia per saltare ed è un fattore preminente nella prevenzione dagli infortuni. Nel processo dello sviluppo atletico, è sempre presente qualche elemento di
allenamento della forza. A volte, secondo lo sport e il momento dell’anno di allenamento, sarà molto visibile mentre altre volte sarà quasi impercettibile.
L’allenamento della forza, tradizionalmente, rievoca immagini di grandi muscoli
e pesi notevoli. Questi possono farne parte, ma non è così nella maggior parte
degli ambienti sportivi. Forza è una parola che comprende una gamma di attività e di metodi di allenamento tutti rivolti a soddisfare le esigenze di forza di un
particolare sport.
La mia esperienza con l’allenamento della forza è di oltre 40 anni. Ho iniziato da
atleta con l’allenamento con i pesi nei primi anni ’60 e ho inserito l’allenamento
della forza nei miei programmi di allenamento quando sono diventato allenatore
alla fine degli anni ’60. All’epoca, erano molto diffusi alcuni miti che riguardavano gli effetti negativi dell’allenamento con i pesi. I suoi benefici e l’applicazione
alla prestazione sportiva ancora non si erano affermati. I singoli atleti e le squadre che facevano un uso estensivo di programmi sistematici di allenamento della
forza erano l’eccezione, piuttosto che la regola. L’atletica e, in qualche misura, il
football americano sono i due sport che hanno aperto la strada all’applicazione
dell’allenamento della forza. Il caso ha voluto che fossero gli sport in cui ero
impegnato e ciò mi ha permesso di entrare in contatto con vari metodi.
11. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:11 Pagina 261
ALLENAMENTO INTEGRATO
DELLA POTENZA
L’
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allenamento pliometrico non è un metodo a se stante: è una componente importante che fa parte di un quadro generale più grande, è il
culmine logico dell’allenamento della forza a causa della sua elevata
velocità e della sua grande forza. È certamente una struttura di supporto per
l’allenamento della velocità e un aspetto chiave della riabilitazione. La pliometria come metodo di allenamento è stata fraintesa e molti fraintendimenti
nascono proprio dalla convinzione che si tratti di un metodo a se stante. Se si
vuole che esso sia più efficace, deve essere integrato in un programma di allenamento globale.
La pliometria non è un metodo segreto di allenamento dell’Europa dell’Est
come a volte è stata descritta: sfrutta semplicemente il vantaggio dato dal
ciclo naturale allungamento-accorciamento dell’azione muscolare, che è una
parte integrante del movimento. Saltellare, saltare, rimbalzare sono attività
naturali, fanno parte del normale gioco dei bambini. L’approccio sistematico
all’uso dell’allenamento pliometrico probabilmente è stato introdotto come
preparazione alla prestazione nelle gare di salto di atletica leggera. Preferisco
restringere l’applicazione di questo metodo di allenamento ai movimenti di
salto, saltello e rimbalzo e a quelle attività che prevedono la proiezione del
centro della massa del corpo sia orizzontalmente che verticalmente per
aumentare la grandezza e il tasso di allungamento dei muscoli. Preferisco non
usare il termine pliometria per la parte superiore del corpo perché essa è
comunque parte dell’allenamento del core e dell’allenamento della forza per
la parte superiore del corpo.
12. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:11 Pagina 285
VELOCITÀ LINEARE
E MULTIDIMENSIONALE
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utti abbiamo sentito dire almeno una volta che: “velocisti si nasce, non si
diventa”. Questo modo tradizionale di pensare per cui un atleta è naturalmente veloce o non ha alcuna speranza reale di diventarlo, prevale ancora oggi in molti ambienti. È vero fino al punto che non è possibile diventare un
velocista di fama mondiale senza una certa dotazione genetica. Ma pochi atleti
hanno raggiunto il loro vero potenziale nella velocità. Forse questo è dovuto al
fatto che, essendo una pura abilità motoria, la velocità ha bisogno di molto
tempo per svilupparsi al suo livello più alto. Ciò è particolarmente vero per la
velocità assoluta, quella che i tedeschi dell’Est correttamente chiamavano “coordinazione veloce”. È molto difficile da sviluppare perché è molto dipendente da
altre qualità biomotorie: forza, potenza, flessibilità, potenza e capacità anaerobiche, e persino potenza aerobica. Anche se è allettante separare la velocità da
queste altre componenti della condizione fisica, è possibile per un atleta ottenere
una velocità massima solo congiuntamente ad altre aree dell’allenamento. Per
questa ragione, tale capitolo deve essere considerato un’estensione logica all’allenamento delle altre componenti presenti in questo testo.
Come abilità motoria, con un obiettivo specifico in mente, la velocità può
essere migliorata applicando i principi dell’apprendimento motorio e dell’allenamento sistematico. Per i velocisti, l’obiettivo finale è di ottenere la massima velocità e mantenere un livello elevato di velocità quanto più a lungo possibile fino al traguardo, con il tempo più veloce possibile. Per i giocatori, significa velocizzare la partita.
Le richieste di velocità sono sensibilmente diverse se si lavora con uno specialista nello sprint rispetto a quando si lavora con un atleta di uno sport multidire-
13. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:11 Pagina 311
LA PREPARAZIONE
PER VARIE FASI
ALLA PRESTAZIONE
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Nel processo di sviluppo atletico il riscaldamento potrebbe essere la
componente più importante. Tutti gli atleti hanno bisogno di un riscaldamento prima di ogni seduta di allenamento e di ogni gara. È un
aspetto dell’allenamento che è molto facile dare per scontato perché è una
componente di ogni seduta: per questo motivo, tende a diventare abbastanza
noiosa. Si deve ricordare che un riscaldamento determina il ritmo della seduta
di allenamento. È una parte integrante, non separata, dell’allenamento. Si
dovrebbe essere programmata in modo scrupoloso in modo da combinarsi perfettamente con l’allenamento vero e proprio. Esiste un reale effetto cumulativo
dell’allenamento derivante dal riscaldamento. Pensare a un minimo di 20
minuti di riscaldamento quotidiano per la durata dell’allenamento. Per gli atleti
più giovani, almeno nelle prime fasi, il riscaldamento può rappresentare l’allenamento. Negli sport che hanno delle stagioni agonistiche prolungate, il riscaldamento serve a mantenere la capacità di lavoro. Per questo durante l’intero
processo deve essere attribuita la necessaria attenzione al riscaldamento.
Il riscaldamento fa da ponte tra le normali attività giornaliere e l’allenamento
reale. In esso, generalmente, si pone un accento eccessivo sull’aumento della
temperatura del core e della frequenza cardiaca. L’obiettivo fisiologico principale è l’attivazione nervosa che è necessaria per prepararsi ad un lavoro più
intenso da realizzare nell’allenamento. Da un punto di vista psicologico, il
riscaldamento dovrebbe essere un rituale che può funzionare come elemento
di sicurezza o di riferimento per gli atleti. Si deve cercare di stare alla larga
dalle cyclette e dagli stair stepper come parte del riscaldamento. Queste macchine favoriscono un’ampiezza di movimento limitata (ovvero accorciano i
14. Gambetta JM(versione8):Costill III edizione 09/10/13 12:11 Pagina 321
IL RECUPERO
E LA RIGENERAZIONE
“R
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icordatevi che il Tour non si vince in sella alla bicicletta”. Questa
l’affermazione sul recupero di un componente dello staff di un
ciclista partecipante al Tour de France. Dopo aver effettuato tutto
il lavoro, gli atleti hanno bisogno di una valida strategia di recupero dal carico
di lavoro per migliorare l’adattamento o, in caso di una competizione, essere
pronti per il prossimo incontro, partita o fase di gara. Mike Shannon, fisiologo
dell’US Olympic Training Center a Chula Vista in California, definisce il recupero e la rigenerazione come allenamento invisibile. Sono anche chiamati allenamento nascosto o allenamento silenzioso. Il recupero non è così visibile come
quando si corre una data distanza o si solleva un certo peso. Eppure è un
ruolo cruciale nel processo di allenamento ed è sicuramente un processo, non
qualcosa che avviene una sola volta. Secondo Kellmann (2002): “il recupero,
un elemento fondamentale dell’allenamento atletico e un riequilibro dello
stress di allenamento e di non allenamento, troppo spesso viene trascurato.”
Questa affermazione sottolinea la necessità di avere una strategia valida di
recupero come parte di un programma di allenamento.
L’adattamento all’allenamento avviene durante il recupero. Dopo il lavoro, il
riposo dovrebbe essere facilitato. Secondo Dan Benardot1: “il recupero è il
processo che deve percorrere un atleta per ritornare ad uno stato in cui è di
nuovo disponibile alla prestazione. Il recupero comporta un ricostituzione
delle riserve di nutrienti e di energia, un ritorno alle funzioni fisiologiche normali, una diminuzione dei dolori muscolari e la scomparsa di sintomi psicologici (irritabilità, disorientamento, incapacità di concentrazione) che sono
associati alla fatica estrema” (Arnett et al. 2001).