2. Dati studi e ricerche parlano chiaro:
Nonostante le politiche di PO siano iniziate in modo strutturato in Europa fin dalla sua
fondazione nel 1957 (Trattato di Roma) e di conseguenza in Italia
E ingenti somme siano state destinate a rimuovere gli ostacoli che impediscono o
rendono difficile occupazione femminile e presenza delle donne nei ruoli decisionali
esiste ancora oggi non solo in Italia, ma anche in Lombardia, un gap tra donne e uomini.
Ciò rende fino ad ora impossibile a livello nazionale raggiungere gli obiettivi posti dall’ONU
(grazie alle Conferenze mondiali) e accolti dalla UE nei Piani d’azione prima e poi nelle
Agende 2010 e 2020 su Gender Equality e Gender Mainstreaming per una Economia
fondata sulla Conoscenza e su criteri di innovatività, creatività, inclusione,
intelligenza.
Oggi i 17 obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile sottoscritti a Parigi (settembre 2016)
anche dai Paesi UE e dall’Italia considerano l’Empowerment di bambine e donne obiettivo
ineludibile per il raggiungimento di qualsiasi altro obiettivo di sostenibilità e perciò
trasversale oltre che specifico (goal 5).
3.
4. Evidenze e obiettivi quindi non mancano:
ci si chiede spesso il perché e se esistano politiche e azioni che
possono dimostrarsi finalmente risolutive (oltre alle azioni sporadiche,
temporanee e scoordinate e le risorse residuali utilizzate) di un problema
che riguarda non solo il benessere economico e sociale delle singole
persone, ma anche della società intera dato che è ampiamente dimostrato
che:
-una maggiore e qualificata presenza delle donne nel mondo del lavoro
produce maggior benessere per tutta la popolazione in ogni ambito ed è
moltiplicatore di occupazione
- il diversity management e stili di leadership al femminile favoriscono
innovazione nelle attività produttive
5. Ma a monte di tali domande è opportuno
chiedersi:
È sentito veramente il problema? E se si da chi?
E’ proprio vero che esiste la convinzione che
la partecipazione attiva e responsabile delle
donne non solo con le loro competenze, ma
anche con le loro qualità umane costituisca
un vantaggio per la società?
6. Tali riflessioni nascono anch’esse dalle evidenze (dati e obiettivi mancati)
che in realtà:
non si investe sul progresso della condizione femminile, perché per
investire si deve credere in ciò su cui si investe e in questo caso non si
crede nelle potenzialità delle donne soprattutto rispetto alle loro qualità
umane.
Di fronte a tale diffidenza anche le competenze passano in secondo piano.
il “problema” non è sentito a livello politico perché non è considerato
un problema di interesse “generale”, ma un problema che riguarda “solo”
le donne o al massimo le famiglie, quindi il “privato”
il problema è culturale e riguarda modelli identitari e stereotipi basati
su pregiudizi ereditati e tramandati circa i ruoli e le attività per “natura”
più adatti a donne e uomini e agli escamotage adottati dalle
donne(seduzione, omologazione)
7. Che fare quindi?
promuovere l’utilizzo di tecnologie, incentivare le ragazze ad
intraprendere studi in ambito STEM, predisporre politiche
antidiscriminatorie, di conciliazione e magari di condivisione
familiare e sociale dei lavori di cura (unpaid caring work)?
Se accanto a tali politiche non si abbatte il pregiudizio culturale contro la
presenza femminile al femminile, vale a dire anche con la possibilità
della maternità e con la possibilità che le donne esprimano punti di
vista oppure priorità e regole del gioco diverse da quelle tradizionali e
più vicine alle loro esigenze, gli obiettivi non saranno raggiunti e l’Italia
resterà indietro sia nei gap di genere sia nel progresso economico e
sociale.
8. Gli indicatori sulla condizione femminile si concentrano
sui differenziali di presenze femminili e maschili in
diversi ambiti e settori, ma rispetto all’Empowerment gli
indicatori si limitano alla quantificazione dei posti di
potere, non considerano il vero Empowerment
GGGI-Global Gender Gap Index del WEF
partecipazione economica e opportunità, livello istruzione, salute e
sopravvivenza, emancipazione politica
Misura i divari e non i livelli; misura i divari in termini di risultato a prescindere
dalle risorse; valuta in base a GE e non ad Empowerment
9. GEI Gender Equity Index (Social Watch) 154
paesi (94% popolazione mondiale)
Istruzione, partecipazione alla vita economica,
potere politico-decisionale
Gender Equality Index (EIGE)
lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere,
salute (Italia 24/27)
10. Empowerment:
ri-attribuirsi il potere (verbo e non sostantivo) di agire, riconquistare la fiducia
nelle proprie possibilità e nel valore del proprio punto di vista, idee, priorità
anche se differenti da quelle dominanti nel contesto o nell’ambito.
Ri-prendere la parola considerandosi tra pari anche se differenti
consente ad ogni differenza -ad iniziare da quella di genere trasversale a tutte le
altre (provenienza, cultura, sesso, abilità ecc.)- di emanciparsi da condizioni
di subordinazione anche culturale
è premessa per innovatività perché non si innova se si resta ancorati ad ambiti
tradizionali e creatività perché le donne sono da sempre sia riconosciute
come fantasiose e creative sia escluse dai processi decisionali.
Empowerment e Mainstreaming di genere sono strettamente correlati e
consentono la Gender Equality
11. EIGE- European Institute for Gender Equality:
Empowerment of women is the process by which women gain power and control over
their own lives and acquire the ability to make strategic choices. Women’s
empowerment has five components: women’s sense of self-worth; their right to have
and to determine choices; their right to have access to opportunities and resources;
their right to have power to control their own lives, both within and outside the home;
and their ability to influence the direction of social change to create a more just social
and economic order, nationally and internationally.
In this context, education, training, awareness raising, building self-confidence, expansion
of choices, increased access to and control over resources, and actions to transform
the structures and institutions that reinforce and perpetuate gender discrimination and
inequality are important tools for empowering women and girls to claim their rights.
URI: http://eige.europa.eu/taxonomy/term/1102
12. Empowerment
non significa prendere il potere (sostantivo) ma ricostruire la
propria autostima nella consapevolezza che in una società
composta da esseri umani e non da soggetti astratti e neutri
(oggetto di modellizzazioni), ogni individuo è unico ed irripetibile
non significa omologarsi ai modelli dominanti o adattarsi al modello
desiderato da chi detiene il potere.
Ciò vale per donne e uomini (old boys network, simile chiama simile), ma
soprattutto per le donne considerate per millenni differenti nel
senso di inferiori rispetto agli uomini e destinate al servizio di
famiglia e società
Pregiudizio nato per cause economiche (assicurare alla famiglia un
servizio stabile, a tempo pieno e non dispendioso) trasmesso attraverso
l’educazione implicita ed esplicita
13. La mancanza di volontà politica ad agire contro o non a favore
dell’Empowerment è quindi segno di persistenza di un
pregiudizio verso le donne dovuto al timore che divenendo
consapevoli del valore delle loro potenzialità possano
“pretendere” di entrare a far parte del gruppo di chi decide,
piuttosto che continuare a sostenere chi decide (dietro ogni grande
uomo c’è una grande donna).
Il timore è giustificato dal fatto che in realtà le donne
consapevoli del valore del loro punto di vista e del valore delle
loro priorità anche se diverse da quelle dominanti o tradizionali
sono “disobbedienti” e agiscono per produrre un
cambiamento
14. Questo è particolarmente evidente:
nei Paesi, nelle istituzioni o nelle amministrazioni anche locali dove
esiste una presenza femminile qualificata e consapevole (non
omologata) nei luoghi decisionali
nelle politiche economiche di genere in particolare nei Bilanci di
genere (Gender Budgeting), nel Diversity Management e
nell’utilizzo di indicatori di benessere e qualità della vita che
costituiscono modelli di economia che tengono conto del punto
di vista delle donne e delle loro priorità per il benessere della
popolazione nel suo complesso (BES)
15. Concludendo…
Trattandosi di questioni legate alla cultura è dalla cultura e da un costante
allenamento oltre che dall’adozione di azioni positive che si dovrebbe
partire :
fin dalla scuola nella primissima infanzia per sradicare pregiudizi e stereotipi e
abituare le bambine a praticare giochi e attività di squadra e bambini e
bambine ad una sana competizione tra pari seppure differenti;
utilizzando linguaggi corretti e non lesivi della dignità delle donne (ma anche
degli uomini o persone differenti in genere) tra i quali il linguaggio sessuato anche
per le posizioni apicali e attenzione all’immagine femminile nei media
(Convenzione di Istanbul);
Ricomporre la frattura tra saperi tecnologici e umanistici perché ogni sapere
deve avere al centro la persona umana e il suo benessere e solo l’interrelazione
dei saperi può offrire un quadro completo e non settoriale in un’ottica di
sostenibilità sociale oltre che economica ed ambientale (da Aristotele a Sen:
etica-politica-economia)