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Neuropscichiatria Infantile I miei appunti presi a lezione del corso di neuropsichiatria infantile, tenuto dalla docente Carlotta Canavese.
Cenni di anatomia del sistema nervoso. ,[object Object]
Esso si divide in centrale (midollo spinale ed encefalo) e periferico (nervi).
Le informazione che il SN comunica possono essere efferenti, provenienti dall'interno del SN, oppure afferenti, ovvero provenienti dall'esterno del corpo (sensoriali).
Le informazioni sono trasportate come segnali elettrici.
Il sistema nervoso somatico regola l’attività dei muscoli scheletrici (volontari), mentre il sistema nervoso autonomo agisce suoi muscoli viscerali (muscolatura liscia).
Sistema nervoso centrale. (1) ,[object Object]
L'encefalo è composto di diverse parti, quella anteriore (il cervello vero e proprio) e quella posteriore. L'encefalo è avvolto dalle meningi, tre membrane: dura madre, aracnoide e pia madre.
Dal troncoencefalo (bulbo, ponte e mesencefalo) partono tutti i nervi cranici.
Il bulbo continua fino al midollo spinale a livello del forame magno.
Il cervelletto composto da 2 emisferi, interviene soprattutto nel controllo del movimento e della postura, ma anche ad azioni superiori come il linguaggio.
Sistema nervoso centrale. (2) ,[object Object]
L'encefalo si caratterizza di diverse scissure o solchi che lo dividono come per esempio la Scissura centrale di Rolando e la scissura laterale di Silvio.
Nel sistema limbico si trovano l'amigdala e l'ippocampo, esso è legato alle reazioni che coinvolgono le emozioni.
In ogni emisfero troviamo 4 lobi: frontale, parietale, temporale e occipitale.
All'interno del SNC ci sono dei ventricoli cerebrali all'interno del quale continua a circolare il liquido cerebrale o liquor.
Sistema nervoso periferico. (1) ,[object Object]
La via piramidale è quella che regola la motricità volontaria.
Nel bulbo il 90% dei nervi si incrocia, è per questo motivo che i comandi per un lato del corpo provengono dall'emisfero opposto dell'encefalo.
La via extrapiramidale è quella coinvolta nei movimenti involontari e nella regolazione della velocità dei movimenti volontari.
I neuroni sono unità strutturali e funzionali del sistema nervoso, producono e trasmettono cariche elettriche sotto forma di impulsi nervosi e comunicano chimicamente tra di loro attraverso punti di contatto chiamati sinapsi.
Sistema nervoso periferico. (2) ,[object Object]
Un neurone di compone di: soma, dendriti (che ricevono informazioni dagli altri neuroni) e assone (inviano un messaggio ad altri neuroni).
Le sinapsi sono i punti di contatto tra i dendriti di un neurone e la soma di un altro.
Introduzione alla patologia neuropsichiatrica. ,[object Object]
Altri concetti importanti che non sono da confondere, sono “immaturità” e “ritardo”.
Il progressivo sviluppo del bambino comprende diverse aree tra cui l'area posturale, motoria e del linguaggio; insieme compongono il campo dello sviluppo psicomotorio.
Lo sviluppo psicomotorio è un processo dinamico e prevedibile di tappe anche se esiste una certa variabilità individuale.
Alla nascita il cervello è immaturo e le sue potenzialità sono molteplici perciò si parla di plasticità neuronale.
Paralisi cerebrali infantili. (1) ,[object Object]
La compromissione motoria può essere accompagnata da disturbi sensitivi, cognitivi, di comunicazione, percettivi e del comportamento.
Si tratta di una lesione non progressiva ovvero non muta nel tempo anche se il quadro clinico del soggetto muterà dato il mancato sviluppo di determinate funzioni.
È difficile riconoscerle poiché bisogna aspettare le anomalie nel corso dello sviluppo.
Sono diverse dalle paralisi in età adulta poiché l'adulto perde delle capacità apprese mentre il bambino perde ciò che ancora non ha appreso.
Paralisi cerebrali infantili. (2) ,[object Object]
Fattori perinatali, tra la 28° settimana di gestazione fino al 10° giorno di vita e si tratta del 6% dei casi (esempi: prematurità, farmaci,...).
Fattori postnatali, si tratta dei primi mesi di vita e sono il 10-20% dei casi (esempi: infezioni, traumi,...). ,[object Object]
Paralisi cerebrali infantili. (3) ,[object Object]
Emiplegia: paralisi che coinvolge un solo lato del corpo (ha diverse forme in base all'epoca in cui è avvenuto il danno, può essere accompagnata da epilessia).
Tetraplegia: grave compromissione di tutti gli arti con anche dei problemi al livello del tronco (importanti disordini associati, visivi, alimentari, cognitivi e del linguaggio). ,[object Object],[object Object]
Forma atassica.
Forma discinetica.
Forma mista.
Paralisi cerebrali infantili. (4) ,[object Object]
Livello II: c'è bisogno di ausilio negli ambienti esterni e non è in grado di correre e saltare.
Livello III: ha bisogno di ausili per camminare e riesce a stare seduto da solo.
Livello IV: il bambino non riesce a camminare neanche con gli ausili e non sa passare dalla posizione seduta ad eretta.
Livello V: è il più grave, non è in grado di stare seduto e nemmeno di controllare stabilmente il capo. ,[object Object]
Paralisi cerebrali infantili. (5) ,[object Object]
L'incidenza delle PCI è di 1 su 3 per 1000 nati vivi.
Le diverse classificazioni non sono molto utili per capire lo svolgersi e l'evolversi delle PCI, l'unica che da più informazioni è la classificazione funzionale.
In passato si parlava della PCI come di un disturbo del movimento, oggi si tende a considerare le PCI come qualcosa di più complesso che coinvolge molti eventi evolutivi.
Ogni forma di PCI ha deficit specifici per questo è molto importante creare un intervento riabilitativo ad hoc per ogni bambino.
Importanti sono le reazioni dei genitori di fronte ad un figlio con PCI, le fasi che attraversano sono 3: ,[object Object]
Ambivalenza (tra speranza e frustrazione), sensi di colpa, rifiuto e rabbia.
Patteggiamento, accettazione e adattamento.
Paralisi cerebrali infantili. (6) ,[object Object]
In questi casi le persone importanti per il bambino sono oltre ai genitori anche il personale sanitario, per quanto riguarda la riabilitazione; e i docenti o educatori, che lo stimolino a sviluppare funzioni adatte a lui.
Le molte insufficienze (deficit) che si accumulano nel percorso di sviluppo del bambino con PCI portano ad avere problemi anche di apprendimento e comportamento, che comprendono aree come l'i ntelligenza; la m emoria a breve e a lungo termine; l'attenzione; l'abilità di pianificazione; le funzioni percettive visive; le funzioni percettive uditive; le funzioni spaziali; le funzioni motorie e cinestesiche; le funzioni linguistiche.
A scuola i bambini emiplegici non vanno tanto male, anche se dalle medie la forbice con gli altri bambini comincia ad allargarsi; i diplegici hanno più difficoltà anche dovuta alle difficoltà visive.
Ritardo psicomotorio e ritardo mentale. (1) ,[object Object]
Il ritardo può coinvolgere prevalentemente l'area motoria o psichica oppure entrambe.
Ritardo psicomotorio, ovvero l'anomala acquisizione di specifiche tappe dello sviluppo cognitivo in rapporto all’età, considerando l’ampia variabilità individuale.
Esso può essere lieve (passa spesso inosservato) oppure grave (permette una diagnosi precoce).
Le cause sono molteplici: ,[object Object]
Perinatali:  come il basso peso alla nascita,...
Postnatali: come traumi, meningiti,... ,[object Object]
Ritardo psicomotorio e ritardo mentale. (2) ,[object Object]
Esistono diverse definizioni del ritardo mentale, una delle quali: condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto da compromissione delle abilità che si manifestano durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale di intelligenza, cioè quelle cognitive, linguistiche, motorie e sociali.
Il ritardo mentale può essere accompagnato da altre patologie psichiche o somatiche.
Il livello di ritardo mentale viene valutato attraverso test intellettivi standardizzati, ed esistono scale per misurare anche l'adattamento.
Ritardo mentale lieve: il QI è tra 50 e 69, non si riscontrano molte difficoltà nell'apprendimento in ambito scolastico. L'età mentale è compresa tra i 9 e i 12 anni.
Ritardo mentale di media gravità: il QI è tra 35 e 49, marcati ritardi dello sviluppo durante l'infanzia. L'età mentale è compresa tra i 6 e i 9 anni.
Ritardo psicomotorio e ritardo mentale. (3) ,[object Object]
Ritardo mentale profondo: QI inferiore a 20, grave limitazione nella cura di sé, nella continenza, nella comunicazione e nella mobilità. L'età mentale è inferiore ai 3 anni.
Nel 30-50% dei casi la causa del ritardo mentale è sconosciuta.
Il ritardo mentale grave è per il 55-75% dei casi provocato da cause organiche; mentre nel caso del ritardo lieve solo il 10-25% dei casi.
Ritardo psicomotorio e ritardo mentale. (4) ,[object Object]
Una volta diagnosticato il ritardo mentale è indispensabile un intervento multidisciplinare sia per interventi riabilitativi che per favorire l'integrazione e l'autonomia. Importante sono anche i contatti con la scuola, i servizi e sociali e di igiene mentale.
Importante è la tempestività nella diagnosi.
Il quoziente intellettivo. ,[object Object]
Esistono diverse scale per la valutazione dello sviluppo e dell'intelligenza, come per esempio le scale di valutazione dello sviluppo Griffith (definisce l'età mentale e valuta diverse scale come quella locomotoria, personale-sociale, ascolto-linguaggio, coordinazione occhio-mano, performances e di ragionamento pratico), Bayley; i Test Psicometrici WISC (per i bambini dai 6 ai 16 anni, rilevano il Q.I. verbale, il Q.I. di performance e il Q.I. totale); e le scale non verbali Leiter (per bambini e adolescenti sordi o con gravi disturbi del linguaggio).
Una delle innovazioni del QI è che esso confronta i risultati ottenuti da un soggetto con altri ottenuti da soggetti della stessa età.
Il test WISC prevede 6 item che valutano la scala verbale e 6 item che valutano la scala di performance.
Handicap e disabilità. (1) ,[object Object]
Disabilità: limitazione o perdita, conseguente alla menomazione, della capacità a svolgere particolari attività. Dunque una limitazione dovuta agli ambienti di vità.
Handicap: condizione di svantaggio vissuta dalla persona come ridotta capacità a conformarsi alle aspettative o norme sociali. Dunque limitazione sociale e culturale. ,[object Object]
L'introduzione del concetto di partecipazione permette di parlare di handicap in modo positivo, valorizzando ciò che il soggetto può fare (capacità, abilità e competenze); per questo nasce l'ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute).
Handicap e disabilità. (2) ,[object Object]
Nell'ICF si mira a descrive lo stato di salute dell’individuo nel proprio ambito esistenziale, in questo modo anche l'intervento educativo sarà finalizzato ad aiutare l’individuo nella relazione con il suo ambiente ma anche l’ambiente nella sua relazione con l’individuo.
L'ICF non è applicabile in campo pediatrico poiché non tiene conto del piano evolutivo ma diviene completamente applicabile dagli 11 anni.
La salute è una condizione di benessere fisico e sociale, non soltanto assenza di malattia,quindi la salute è la risultante di reciproche influenze di numerosi fattori.
Nella valutazione di attività a partecipazione si valuteranno performance (possibilità attuali) e capacity (potenzialità in un contesto standard); invece per quanto riguarda la valutazione dell'ambiente si terrà conto di facilitatori o barriere.
Handicap e disabilità. (3) ,[object Object]
Bisogna: garantire il funzionamento e la partecipazione nei contesti di vita dell’individuo attraverso l'analisi e la valutazione del funzionamento dell'individuo e dei suoi contesti di vita; e migliorare le condizioni di salute attraverso diagnosi precoci, interventi specializzati e il coinvolgimento delle agenzie educative e dei servizi.
Per costruire un intervento educativo volto a ridurre l'handicap è necessario seguire delle fasi: ,[object Object]

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  • 1. Neuropscichiatria Infantile I miei appunti presi a lezione del corso di neuropsichiatria infantile, tenuto dalla docente Carlotta Canavese.
  • 2.
  • 3. Esso si divide in centrale (midollo spinale ed encefalo) e periferico (nervi).
  • 4. Le informazione che il SN comunica possono essere efferenti, provenienti dall'interno del SN, oppure afferenti, ovvero provenienti dall'esterno del corpo (sensoriali).
  • 5. Le informazioni sono trasportate come segnali elettrici.
  • 6. Il sistema nervoso somatico regola l’attività dei muscoli scheletrici (volontari), mentre il sistema nervoso autonomo agisce suoi muscoli viscerali (muscolatura liscia).
  • 7.
  • 8. L'encefalo è composto di diverse parti, quella anteriore (il cervello vero e proprio) e quella posteriore. L'encefalo è avvolto dalle meningi, tre membrane: dura madre, aracnoide e pia madre.
  • 9. Dal troncoencefalo (bulbo, ponte e mesencefalo) partono tutti i nervi cranici.
  • 10. Il bulbo continua fino al midollo spinale a livello del forame magno.
  • 11. Il cervelletto composto da 2 emisferi, interviene soprattutto nel controllo del movimento e della postura, ma anche ad azioni superiori come il linguaggio.
  • 12.
  • 13. L'encefalo si caratterizza di diverse scissure o solchi che lo dividono come per esempio la Scissura centrale di Rolando e la scissura laterale di Silvio.
  • 14. Nel sistema limbico si trovano l'amigdala e l'ippocampo, esso è legato alle reazioni che coinvolgono le emozioni.
  • 15. In ogni emisfero troviamo 4 lobi: frontale, parietale, temporale e occipitale.
  • 16. All'interno del SNC ci sono dei ventricoli cerebrali all'interno del quale continua a circolare il liquido cerebrale o liquor.
  • 17.
  • 18. La via piramidale è quella che regola la motricità volontaria.
  • 19. Nel bulbo il 90% dei nervi si incrocia, è per questo motivo che i comandi per un lato del corpo provengono dall'emisfero opposto dell'encefalo.
  • 20. La via extrapiramidale è quella coinvolta nei movimenti involontari e nella regolazione della velocità dei movimenti volontari.
  • 21. I neuroni sono unità strutturali e funzionali del sistema nervoso, producono e trasmettono cariche elettriche sotto forma di impulsi nervosi e comunicano chimicamente tra di loro attraverso punti di contatto chiamati sinapsi.
  • 22.
  • 23. Un neurone di compone di: soma, dendriti (che ricevono informazioni dagli altri neuroni) e assone (inviano un messaggio ad altri neuroni).
  • 24. Le sinapsi sono i punti di contatto tra i dendriti di un neurone e la soma di un altro.
  • 25.
  • 26. Altri concetti importanti che non sono da confondere, sono “immaturità” e “ritardo”.
  • 27. Il progressivo sviluppo del bambino comprende diverse aree tra cui l'area posturale, motoria e del linguaggio; insieme compongono il campo dello sviluppo psicomotorio.
  • 28. Lo sviluppo psicomotorio è un processo dinamico e prevedibile di tappe anche se esiste una certa variabilità individuale.
  • 29. Alla nascita il cervello è immaturo e le sue potenzialità sono molteplici perciò si parla di plasticità neuronale.
  • 30.
  • 31. La compromissione motoria può essere accompagnata da disturbi sensitivi, cognitivi, di comunicazione, percettivi e del comportamento.
  • 32. Si tratta di una lesione non progressiva ovvero non muta nel tempo anche se il quadro clinico del soggetto muterà dato il mancato sviluppo di determinate funzioni.
  • 33. È difficile riconoscerle poiché bisogna aspettare le anomalie nel corso dello sviluppo.
  • 34. Sono diverse dalle paralisi in età adulta poiché l'adulto perde delle capacità apprese mentre il bambino perde ciò che ancora non ha appreso.
  • 35.
  • 36. Fattori perinatali, tra la 28° settimana di gestazione fino al 10° giorno di vita e si tratta del 6% dei casi (esempi: prematurità, farmaci,...).
  • 37.
  • 38.
  • 39. Emiplegia: paralisi che coinvolge un solo lato del corpo (ha diverse forme in base all'epoca in cui è avvenuto il danno, può essere accompagnata da epilessia).
  • 40.
  • 44.
  • 45. Livello II: c'è bisogno di ausilio negli ambienti esterni e non è in grado di correre e saltare.
  • 46. Livello III: ha bisogno di ausili per camminare e riesce a stare seduto da solo.
  • 47. Livello IV: il bambino non riesce a camminare neanche con gli ausili e non sa passare dalla posizione seduta ad eretta.
  • 48.
  • 49.
  • 50. L'incidenza delle PCI è di 1 su 3 per 1000 nati vivi.
  • 51. Le diverse classificazioni non sono molto utili per capire lo svolgersi e l'evolversi delle PCI, l'unica che da più informazioni è la classificazione funzionale.
  • 52. In passato si parlava della PCI come di un disturbo del movimento, oggi si tende a considerare le PCI come qualcosa di più complesso che coinvolge molti eventi evolutivi.
  • 53. Ogni forma di PCI ha deficit specifici per questo è molto importante creare un intervento riabilitativo ad hoc per ogni bambino.
  • 54.
  • 55. Ambivalenza (tra speranza e frustrazione), sensi di colpa, rifiuto e rabbia.
  • 57.
  • 58. In questi casi le persone importanti per il bambino sono oltre ai genitori anche il personale sanitario, per quanto riguarda la riabilitazione; e i docenti o educatori, che lo stimolino a sviluppare funzioni adatte a lui.
  • 59. Le molte insufficienze (deficit) che si accumulano nel percorso di sviluppo del bambino con PCI portano ad avere problemi anche di apprendimento e comportamento, che comprendono aree come l'i ntelligenza; la m emoria a breve e a lungo termine; l'attenzione; l'abilità di pianificazione; le funzioni percettive visive; le funzioni percettive uditive; le funzioni spaziali; le funzioni motorie e cinestesiche; le funzioni linguistiche.
  • 60. A scuola i bambini emiplegici non vanno tanto male, anche se dalle medie la forbice con gli altri bambini comincia ad allargarsi; i diplegici hanno più difficoltà anche dovuta alle difficoltà visive.
  • 61.
  • 62. Il ritardo può coinvolgere prevalentemente l'area motoria o psichica oppure entrambe.
  • 63. Ritardo psicomotorio, ovvero l'anomala acquisizione di specifiche tappe dello sviluppo cognitivo in rapporto all’età, considerando l’ampia variabilità individuale.
  • 64. Esso può essere lieve (passa spesso inosservato) oppure grave (permette una diagnosi precoce).
  • 65.
  • 66. Perinatali: come il basso peso alla nascita,...
  • 67.
  • 68.
  • 69. Esistono diverse definizioni del ritardo mentale, una delle quali: condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto da compromissione delle abilità che si manifestano durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale di intelligenza, cioè quelle cognitive, linguistiche, motorie e sociali.
  • 70. Il ritardo mentale può essere accompagnato da altre patologie psichiche o somatiche.
  • 71. Il livello di ritardo mentale viene valutato attraverso test intellettivi standardizzati, ed esistono scale per misurare anche l'adattamento.
  • 72. Ritardo mentale lieve: il QI è tra 50 e 69, non si riscontrano molte difficoltà nell'apprendimento in ambito scolastico. L'età mentale è compresa tra i 9 e i 12 anni.
  • 73. Ritardo mentale di media gravità: il QI è tra 35 e 49, marcati ritardi dello sviluppo durante l'infanzia. L'età mentale è compresa tra i 6 e i 9 anni.
  • 74.
  • 75. Ritardo mentale profondo: QI inferiore a 20, grave limitazione nella cura di sé, nella continenza, nella comunicazione e nella mobilità. L'età mentale è inferiore ai 3 anni.
  • 76. Nel 30-50% dei casi la causa del ritardo mentale è sconosciuta.
  • 77. Il ritardo mentale grave è per il 55-75% dei casi provocato da cause organiche; mentre nel caso del ritardo lieve solo il 10-25% dei casi.
  • 78.
  • 79. Una volta diagnosticato il ritardo mentale è indispensabile un intervento multidisciplinare sia per interventi riabilitativi che per favorire l'integrazione e l'autonomia. Importante sono anche i contatti con la scuola, i servizi e sociali e di igiene mentale.
  • 80. Importante è la tempestività nella diagnosi.
  • 81.
  • 82. Esistono diverse scale per la valutazione dello sviluppo e dell'intelligenza, come per esempio le scale di valutazione dello sviluppo Griffith (definisce l'età mentale e valuta diverse scale come quella locomotoria, personale-sociale, ascolto-linguaggio, coordinazione occhio-mano, performances e di ragionamento pratico), Bayley; i Test Psicometrici WISC (per i bambini dai 6 ai 16 anni, rilevano il Q.I. verbale, il Q.I. di performance e il Q.I. totale); e le scale non verbali Leiter (per bambini e adolescenti sordi o con gravi disturbi del linguaggio).
  • 83. Una delle innovazioni del QI è che esso confronta i risultati ottenuti da un soggetto con altri ottenuti da soggetti della stessa età.
  • 84. Il test WISC prevede 6 item che valutano la scala verbale e 6 item che valutano la scala di performance.
  • 85.
  • 86. Disabilità: limitazione o perdita, conseguente alla menomazione, della capacità a svolgere particolari attività. Dunque una limitazione dovuta agli ambienti di vità.
  • 87.
  • 88. L'introduzione del concetto di partecipazione permette di parlare di handicap in modo positivo, valorizzando ciò che il soggetto può fare (capacità, abilità e competenze); per questo nasce l'ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute).
  • 89.
  • 90. Nell'ICF si mira a descrive lo stato di salute dell’individuo nel proprio ambito esistenziale, in questo modo anche l'intervento educativo sarà finalizzato ad aiutare l’individuo nella relazione con il suo ambiente ma anche l’ambiente nella sua relazione con l’individuo.
  • 91. L'ICF non è applicabile in campo pediatrico poiché non tiene conto del piano evolutivo ma diviene completamente applicabile dagli 11 anni.
  • 92. La salute è una condizione di benessere fisico e sociale, non soltanto assenza di malattia,quindi la salute è la risultante di reciproche influenze di numerosi fattori.
  • 93. Nella valutazione di attività a partecipazione si valuteranno performance (possibilità attuali) e capacity (potenzialità in un contesto standard); invece per quanto riguarda la valutazione dell'ambiente si terrà conto di facilitatori o barriere.
  • 94.
  • 95. Bisogna: garantire il funzionamento e la partecipazione nei contesti di vita dell’individuo attraverso l'analisi e la valutazione del funzionamento dell'individuo e dei suoi contesti di vita; e migliorare le condizioni di salute attraverso diagnosi precoci, interventi specializzati e il coinvolgimento delle agenzie educative e dei servizi.
  • 96.
  • 97. Conoscenza e approfondimento dei deficit a livello scientifico e/o storicoculturale;
  • 98. Analisi delle barriere che contribuiscono a creare gli handicap;
  • 99. Analisi delle risorse a disposizione;
  • 100. Formulazione di ipotesi e individuazione di percorsi educativi, strategie, cambiamenti da introdurre.
  • 101.
  • 102. Le tecnologie devono fungere da tramite attraverso il quale la persona disabile può raggiungere obiettivi più ampi.
  • 103.
  • 104. Ortesi: lavorano sulla funzione deficitaria e migliorano e controllano le funzioni del corpo menomato (bastoni, carrozzine, ecc).
  • 105. Ausili: possono essere oggetti, hardware, software, strategie, attraverso i quali ridurre l’handicap.
  • 106.
  • 107. Ausili informatici: che possono essere software, sensori o dispositivi output o input, diversificati poi per le diverse disabilità.
  • 109.
  • 110.
  • 111. L'apprendimento dipende tra le altre cose dalla dotazione neurobiologica di base e dalla motivazione a conoscere.
  • 112. I disturbi dell’apprendimento sono un gruppo di disturbi che si identifica con una difficoltà nell’acquisizione di alcune funzioni come ascoltare, parlare, leggere, scrivere, ragionamento e abilità matematiche.
  • 113. I disturbi specifici di apprendimento sono diagnosticati tramite test standardizzati e non sono da confondersi con le normali difficoltà di apprendimento.
  • 114. DSA: dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia.
  • 115.
  • 116. L'esercizio tende a migliorare le prestazioni.
  • 117. Essa può dipendere da fattori genetici, come anche da fattori acquisiti come una sofferenza cerebrale o altri traumi.
  • 118.
  • 119. spesso associata ad altri DSA.
  • 120. evidente dai 7 anni circa o prima nei casi più gravi.
  • 121. difficoltà nel riconoscimento delle lettere scritte (confusione tra f-v;d-t o tra p-b;a-e) e nella lettura a voce alta si hanno omissioni, aggiunte e distorsioni di ritmo e pause.
  • 122.
  • 123. Fase alfabetica: la parola è analizzata lettera per lettera. (tipologia mista)
  • 124. Fase ortografica: parola analizzata per unità ortografiche. (tipologia fonologica)
  • 125. Fase lessicale: la parola è trattata come significato. (tipologia superficiale)
  • 126.
  • 127. Dislessia diseidetica: lettori lenti e tendono a sillabare tutte le parole come se le vedessero per la prima volta. Si può trovare nella loro scrittura l'inversione di lettere o sillabe, oppure di lettere con suono o grafia simile.
  • 128.
  • 129. nella disgrafia si osservano una serie di azioni che non sono compiute correttamente come l'orientamento nello spazio grafico, la pressione sul foglio, la direzione del gesto grafico, la riproduzione di copie e il ritmo calligrafico.
  • 130. interessa le componenti periferiche, cioè esecutivo-motorie della scrittura
  • 131.
  • 132. nei testi sono presenti oltre agli errori ortografici anche una scarsa capacità di organizzare i capoversi ed utilizzare la punteggiatura.
  • 133. spesso è accompagnata da disgrafia.
  • 134.
  • 135. può includere problemi in tutte e tre le aree che insieme interferiscono in modo significativo nell’apprendimento scolastico.
  • 136.
  • 137. La riabilitazione per i DSA prevede una fase di trattamento, volto ad aumentare l'efficienza del processo di letturacrittura; e una fase di abilitazione, ovvero gli aiuti che permettono l'utilizzo del livello di funzionamento attuale.
  • 138. La riabilitazione deve essere tempestiva e continua, ovvero non solo riservata alla scuola elementare.
  • 139. Nelle forme gravi sono consigliabili l'uso di strumenti compensativi come il computer che compensano tutte le difficoltà tipiche dei DSA.
  • 140. Cosa non serve per i DSA: leggere di più non migliora l'abilità di lettura, ciò che non è finito a scuola non deve essere finito a casa e la quantità di lavoro a casa deve essere compatibile con il livello raggiunto dal bambino.
  • 141. Esistono per i DSA computer con software sia riabilitativi che compensativi.
  • 142.
  • 143. In questo caso vengono distinte due prognosi, una del disturbo e una psico-sociale; in quanto un soggetto può mantenere una difficoltà di lettura grave ma avere un adattamento psico-sociale ottimo oppure i contrario.
  • 144. In genere le reazioni emotive al disturbo, se non riconosciuto, tendono a crescere nel tempo.
  • 145. Con l'avanzare del tempo gli errori tendono a diminuire, mentre rimane la lentezza esecutiva e possono comparire difficoltà di comprensione e di stesura di un testo.
  • 146. La curiosità e la voglia di imparare si riducono di fronte alla fatica necessaria per leggere
  • 147.
  • 148. Disprassia = disturbo specifico congenito o acquisito precocemente che comporta difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente usati nelle attività quotidiane.
  • 149. Alterazione che riguarda la “componente mentale” del movimento, cioè la “capacità di anticipazione” del programma attuativo motorio.
  • 150. Accompagnata da disturbi visuo-percettivi e spesso associata con aspetti emozionali; con disgrazia e discalculia.
  • 151. Può manifestarsi con un notevole ritardo nel raggiungimento delle tappe motorie fondamentali (per es. camminare, gattonare, star seduti), col far cadere gli oggetti, con goffaggine, con scadenti prestazioni sportive, o con calligrafia deficitaria.
  • 152.
  • 153. Ideativa: incapacità di rappresentare e quindi rievocare correttamente un programma motorio
  • 154.
  • 155. I bambini disprassici risultano più immaturi, socialmente isolati e passivi e presentano sentimenti di bassa autostima ed alti livelli di ansia.
  • 156. La durata dell’intervento riabilitativo varia dai 2 ai 5 anni, la frequenza media delle sedute varia a seconda dell’età e delle problematiche del bambino.
  • 157.
  • 158. La consapevolezza: conoscenza delle parti del corpo e delle posture; e delle coordinazioni oculo-manuali globali.
  • 159. L’abilitazione-riabilitazione: motricità fine; prassie con oggetti e senza oggetti; prassie dell’abbigliamento e visuo-costruttive; prassie e linguaggio e grafo-motorie.
  • 160.
  • 161.
  • 162. FANCIULLEZZA: apprendimento del linguaggio e delle nozioni di base
  • 163. PUBERTA’: legata alla maturazione sessuale
  • 164.
  • 165. L'adolescenza può essere letta sia come momento di crisi che come processo evolutivo.
  • 166.
  • 167.
  • 168. Prima adolescenza (10-13 anni): avvio del processo di “separazione” dai propri genitori e formazione dell’Io ideale.
  • 169. Adolescenza vera e propria (13-16 anni): ricerca dell’oggetto d’amore.
  • 170.
  • 171.
  • 172. Vi è la necessità di elaborare e aderire a nuovi valori, criticando e talvolta opponendosi all’autorità genitoriale, tuttavia è presente anche la necessità di appoggiarsi ancora al sostegno fornito dai genitori.
  • 173. Appare fondamentale l'atteggiamento dei genitori in questa fase.
  • 174. Il gruppo di pari diventa fondamentale perché è il luogo dove si elaborano le problematiche adolescenziali.
  • 175. L'impulsività è un elemento caratteristico di questa età, è un meccanismo di autoregolazione.
  • 176. Acting out = meccanismo difensivo tramite il quale la persona affronta conflitti emotivi e fonti interne o esterne di stress agendo senza riflettere o senza preoccuparsi delle possibili conseguenze negative.
  • 177.
  • 178. Nel mondo occidentale l’1% circa delle ragazze tra 12 e 18 anni soffre di anoressia nervosa.
  • 179. Questi disturbi sono espressione dei modelli culturali e relazionali delle famiglie e della società contemporanea.
  • 180.
  • 181. Personalità di tipo borderline.
  • 182. Scarsa identità psicosociale dei componenti della famiglia.
  • 183. Potrebbe esserci una figura paterna debole.
  • 184.
  • 185. Le ragazze tendono a negare il loro stato di malattia.
  • 186.
  • 187. La volontà di guarigione è bloccata dal senso di colpa che non permette di mangiare, perciò è importante all'interno della terapia arrivare a mangiare con il gruppo di pari ma soprattutto è importante nutrire questi ragazzi anche dal punto di vista affettivo.
  • 188.
  • 189. Disturbo nella percezione e cognizione degli stimoli provenienti dal corpo e degli stati emozionali.
  • 190.
  • 191.
  • 192. Nel 10% dei casi questi disturbi portano alla morte.
  • 193. Esistono dei sintomi associati che precedono la malattia come sintomi depressivi, ossessivo-compulsivi oppure la paura di mangiare in pubblico.
  • 194. Le ragazze con DCA hanno vergogna della propria malattia e cercano di nascondere la perdita di peso con abiti larghi.
  • 195. In alcuni casi è necessario condurre terapie o interventi a livello famigliare.
  • 196. Nelle forme più restrittive e/o gravi non si guarisce ma l'unica soluzione è cercare un compromesso che consenta di sopravvivere.
  • 197. I casi maschili di DCA sono simili a quelli femminili e sono spesso associati ad un disturbo dell'identità sessuale (è possibile non riconoscersi nel proprio sesso oppure non riconoscere il proprio orientamento sessuale).
  • 198.
  • 199. intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.
  • 200. alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.
  • 201.
  • 202. L'anoressia nervosa si accompagna ad altre morbosità di tipo psichiatrico come la depressione o l'abuso di alcool e sostanze oppure condotte siucidarie.
  • 203.
  • 204. La presenza di amenorrea prevede l'accesso alle strutture di cura con una presa in carico multidisciplinare.
  • 205. Altri sintomi evidenti possono essere la secchezza della cute, cicatrici o callosità sul dorso delle mani, nei casi più gravi si può riscontrare anche lopecia.
  • 206. È necessaria la presa in carico multidisciplinare in regime ambulatoriale o di ricovero, inoltre sono utili anche colloqui con i genitori che spesso manifestano della resistenza alla presa di coscienza del problema.
  • 207.
  • 208.
  • 209. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso (vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi, digiuno o esercizio fisico eccessivo).
  • 210. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.
  • 211. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.
  • 212.
  • 213.
  • 214.
  • 215. Sono soddisfatti tutti i criteri per AN, ma nonostante una significativa perdita di peso, l’attuale peso del soggetto è nel range normale.
  • 216. Sono soddisfatti tutti i criteri per BU, ma le abbuffate e i meccanismi compensatori si manifestano con una frequenza inferiore a due volte a settimana o con una durata inferiore a 3 mesi.
  • 217. È presente una pratica regolare di comportamenti compensatori inappropriati da parte di un soggetto di peso normale dopo aver mangiato piccole quantità di cibo.
  • 218. Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, ma senza deglutire, grandi quantità di cibo.
  • 219. Vi sono ricorrenti abbuffate in assenza di uso regolare di comportamenti compensatori inappropriati caratteristici della BU.
  • 220.
  • 221. Disturbi di personalità = tratti di personalità rigidi e non adattivi che causano una significativa compromissione del funzionamento sociale o lavorativo, oppure una sofferenza soggettiva.
  • 222. I disturbi di personalità sono un gruppo eterogeneo di patologie nell'età evolutiva che possono “sparire” con il processo evolutivo oppure peggiorare.
  • 223.
  • 224. Disturbi borderline, narcisistico, antisociale, isterico e istrionico
  • 225.
  • 226.
  • 227. Nei maschi si riscontrano manifestazioni più esternalizzate rispetto alle femmine e provano piacere nell’essere aggressivi, sadici e nel mettere in atto comportamenti di bullismo.
  • 228. Le femmine hanno la tendenza ad esprimere emozioni in una maniera esagerata e teatrale; inoltre presentano un atteggiamento seduttivo.
  • 229. Sono molti i fattori eziologici individuati come per esempio fattori biologici e genetici, traumi sessuali e fisici durante l’infanzia, oppure relazioni problematiche genitori-bambini.
  • 230.
  • 231. Modalità di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzata dall’alternanza di idealizzazione e svalutazione;
  • 233. Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate.
  • 234. Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari o automutilanti;
  • 235. Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore;
  • 236. Rabbia immotivata o intensa difficoltà a controllare la rabbia;
  • 237. Ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, correlati a eventi stressanti.
  • 238.
  • 240. Mancanza del controllo degli impulsi, bassa tolleranza alla frustrazione, all’ansia e alla depressione.
  • 241. Debole capacità di sublimazione.
  • 242. Il contatto con la realtà è in genere presente, anche se il bambino richiede la presenza dell’oggetto per mantenerlo.
  • 243. Meccanismi di difesa basati sulla scissione.
  • 244.
  • 245. Lingua = un codice, cioè un sistema arbitrario ma coerente di segni governato da regole convenzionali.
  • 246.
  • 247. Significato ͢ semantica (studio del significato).
  • 248.
  • 249. Caratteristiche del linguaggio sono la creatività di produrre una gran quantità di messaggi e l'arbitrarietà nella relazione tra suoni e significato.
  • 250. Le tappe dello sviluppo del linguaggio sono le più variabili.
  • 251.
  • 252. Ogni area segue poi delle sue tappe di sviluppo specifiche.
  • 253. Anche il linguaggio dipende dall'azione del SNC, in particolare interessa 2 aree: quella di Wernicke, dove si analizza il linguaggio parlato; e l'area di Broca che è deputata alla produzione del linguaggio.
  • 254.
  • 255.
  • 256.
  • 257. Disturbo misto dell’espressione e ricezione di linguaggio: non vi è una causa nota, si riscontra una riduzione nella capacità di comprensione del linguaggio anche se sono presenti prestazioni intellettive non verbali adeguate all'età. Solitamente si accompagna a dislessia e/o discalculia. La diagnosi è effettuata con test standardizzati per età.
  • 258.
  • 259. Balbuzie: è un'anomalia del normale fluire e della cadenza dell'eloquio, inadeguati per l'età del soggetto. Essa può essere tonica (con prolungamenti involontari di alcuni fonemi), clonica (con ripetizione involontaria ed esplosiva di una sillaba) o entrambe; può essere accompagnata da tic e può sparire quando si canta o si parla con oggetti inanimati o animali.
  • 260. Disturbo della comunicazione non altrimenti specificato.
  • 261.
  • 262. Epilessia è una condizione cronica caratterizzata dalla ricorrenza nel tempo e in modo apparentemente spontaneo di crisi epilettiche.
  • 263. Dunque avere una crisi epilettica non vuol dire essere epilettico.
  • 264. Lo stato di male epilettico è una condizione in cui o una crisi si protrae per più di 30’ o si ripetono più crisi per un periodo prolungato così frequentemente da non consentire recupero tra un episodio e l’altro. In questo caso è previsto il ricovero ospedaliero poiché c'è la possibilità di riportare danni anche gravi.
  • 265. Le crisi epilettiche sono diversificate a livello di fenomeni motori e sensitivi.
  • 266. In Italia 500000 persone sono affette da epilessia e nella maggior parte dei casi questa insorge prima dei 20 anni.
  • 267. L'eziologia è multifattoriale e può essere definita secondaria se dovuta ad incidenti o altro.
  • 268.
  • 269.
  • 270.
  • 271.
  • 272.
  • 274. Crisi cloniche: presenta scosse sincrone, ritmiche e violente che interessano i 4 arti.
  • 275. Crisi toniche: contrattura diffusa e breve fase flessoria degli arti.
  • 276. Crisi tonico-cloniche: perdita di coscienza, caduta a terra, si ha poi una fase tonica e una fase clonica.
  • 278.
  • 279.
  • 280. L'encefalopatia epilettica è una condizione nella quale si verifica un deterioramento delle funzioni cognitive, sensoriali e/o motorie come conseguenza di un’”attività epilettica” consistente in crisi frequenti.
  • 281.
  • 282. In caso di crisi in serie o ripetute è prevista la somministrazione di benzodiazepine.
  • 283.
  • 284. Cefalea = dolore, di qualsiasi genesi, localizzato al capo che può essere essenziale o sintomatica.
  • 285.
  • 287. frequenza e durata degli attacchi;
  • 288. segni o sintomi precedenti o associati alla cefalea;
  • 289.
  • 292. Cefalea cronica non progressiva.
  • 293.
  • 294. L'emicrania senz'aura solitamente è un dolore pulsante unilaterale, anche se nei bambini può essere anche bilaterale, solitamente ha una durata che va dalle 4 ore ai 3 giorni. Essa può essere provocata da eccesso o difetto di sonno, cibi particolari, pasti abbondanti o digiuno, stress, alcool, mestruazioni, ovulazione. Il silenzio e il buio sono fattori che allevianti mentre lo sforzo fisico è un fattore aggravante.
  • 295. L'emicrania con aura presenta i sintomi dell'emicrania senza aura ma è preceduta da sintomi transitori ( aura ) rappresentati da disturbi visivi, disturbi della sensibilità e/o della parola. L'aura ha una durata dai 5 ai 60 minuti ed è sempre poi seguita dal dolore emicranico.
  • 296.
  • 298.
  • 299.
  • 300. Il disturbo è caratterizzato di inattenzione e iperattività (=difficoltà a organizzare azioni complesse, cambiamento rapido da una attività all’altra, sempre in movimento “come mossi da un motorino”). Questi non sono provocati da un ritardo mentale ma da una difficoltà di autocontrollo e nella capacità di pianificazione.
  • 301. Il DSM IV pone dei criteri diagnostici come un esordio prima dei 7 anni, una durata maggiore di 6 mesi ed episodi evidenti in almeno due contesti diversi.
  • 302.
  • 303. Sembra non ascoltare quando si parla con lui/lei.
  • 304. Non segue le istruzioni, non porta a termine le attività.
  • 305. Ha difficoltà ad organizzarsi.
  • 306. Evita le attività che richiedano attenzione sostenuta.
  • 308.
  • 309. In classe si alza spesso anche quando dovrebbe stare seduto.
  • 310. Ha difficoltà a giocare tranquillamente.
  • 312. Risponde prima che la domanda sia completata.
  • 313. Ha difficoltà ad aspettare il proprio turno.
  • 314.
  • 315. In età scolare invece si può notare la comparsa di disattenzione, difficoltà scolastiche, possibile riduzione della iperattività, comportamento oppositivo-provocatorio.
  • 316.
  • 317. In età adulta questo disturbo comporta una sensazione soggettiva di tensione e di instabilità, intolleranza di vita sedentaria, condotte pericolose (sport, abitudini), difficoltà di organizzazione nel lavoro e nella vita quotidiana e rischio di marginalità sociale.
  • 318. I sintomi del disturbo in una situazione nuova o in un colloquio a due possono essere minimi o sparire.
  • 319. Il trattamento in questi casi prevede un approccio multimodale, si effettueranno interventi psico-comportamentali e una terapia medica.
  • 320.
  • 321. La capacità di prestare attenzione e di rispettare alcune norme che i piccoli si danno prima di impostare il gioco, gettano le fondamenta per un successivo apprendimento a scuola e nella vita.
  • 322. Il gioco ha un importante ruolo sociale di interazione e di condivisione ed è un buon indicatore del suo livello di sviluppo.
  • 323. Nel bambino che ha difficoltà psicopatologiche, numerose e diverse “terapie attraverso il gioco” sono proposte e alcune di esse fanno incontestabilmente parte dell’azione terapeutica.
  • 324. Melanie Klein utilizza il gioco del bambino per arrivare a comprendere il significato simbolico inconscio e celato, solo così è possibile arrivare a capire le ansie e le angosce o i sensi di colpa del piccolo.
  • 325.
  • 326. L'oggetto transizionale = occupa il posto dell’oggetto della relazione primaria e precede lo stabilirsi della prova di realtà, il bambino esercita su di esso un controllo onnipotente ma allo stesso tempo reale.
  • 327. Una carente attività di gioco può compromettere lo sviluppo cognitivo del bambino, pertanto questa mancanza va indagata ed osservata, poiché intervenire sul piccolo permette di bloccare sviluppi di patologie o altro.
  • 328.
  • 329. I giochi simbolici: tra i 2 e i 7-8 anni. È il gioco del “far finta che” e permette la manipolazione e anche la produzione di immagini mentali.
  • 330. I giochi di regole: dapprima sono imitazioni del gioco dei bambini più grandi, poi si vanno organizzando spontaneamente dopo i 7-8 anni, essi caratterizzano la socializzazione del bambino e con l'età tendono a diventare più frequenti, dimostrando l'importanza delle relazioni e del codice sociale.
  • 331.
  • 332. La maggior parte dei giochi del bambino autistico e psicotico consistono nel manipolare senza fine un oggetto attraverso schemi di azione assai ripetitivi e del tutto ripiegati sulla propria autosfera. In questi soggetti i giochi competitivi sono fuori dal loro interesse.
  • 333.
  • 337.
  • 338. Una alterazione globale della comunicazione verbale e non verbale, e dell’attività immaginativa.
  • 339. Una marcata limitazione del repertorio di interessi e attività.
  • 340.
  • 341. Esso è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi 3 anni di vita anche se la diagnosi avviene in media verso i 5 anni.
  • 342. L'autismo interessa le aree dell'interazione sociale reciproca, l’abilità di comunicare idee e sentimenti e la capacita di stabilire relazioni con gli altri. Esso porta ad un deficit sociale.
  • 343. Si riscontrano modelli di comportamento ripetitivi.
  • 344.
  • 345. Bambini che tendono ad isolarsi ma sono in grado di interagire quando sono sollecitati (passivi);
  • 346. Bambini che prendono iniziativa ma lo fanno in maniera inopportuna ed inappropriata (attivi ma bizzarri).
  • 347.
  • 348. Nel 1978 M. Rutter specifica ulteriormente il quadro descritto da Kanner individuando in questi bambini: l'incapacità a sviluppare rapporti sociali, una particolare forma di ritardo del linguaggio con ecolalia e inversione pronominale e fenomeni rituali e compulsivi.
  • 349. L'autismo è una disabilità permanente ma le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo anche in relazione agli interventi attuati.
  • 350. È una sindrome dalla genesi multifattoriale con una forte componente genetica, nella quale concorrono in misura diversa agenti biologici e ambientali.
  • 351. Non esiste “il gene” dell’autismo, ma più geni predisponenti.
  • 352.
  • 353. Teoria della mente: incapacità dell'autistico di prevedere i comportamenti degli altri. Nell’autistico non si osserva un’adeguata attivazione dei neuroni a specchio, che ci permettono di imitare l'altro e dunque di apprendere, e di capire cosa l'altro sta per fare. Vi è una netta correlazione tra attività dei neuroni specchio e gravità della malattia autistica.
  • 354.
  • 355.
  • 356. La mancanza del linguaggio non è accompagnata da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica.
  • 357.
  • 358. Comportamento auto- ed eterolesivo come battere la testa, mordere, graffiare e tirare i capelli possono essere indice di uno stato di angoscia o stress.
  • 359. Per evitare le reazioni di angoscia è necessario mantenere il più possibile una stabilità ambientale, e stimolare una maggior flessibilità a poco a poco.
  • 360. Lasciando che sia l’autistico ad iniziare il contatto fa in modo che il soggetto ha il tempo di percepire ed elaborare le sensazioni.
  • 361. In questi soggetti è presente una grande eterogeneità per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo; nel 40% dei bambini autistici si riscontra un ritardo mentale moderato, grave o gravissimo.
  • 362. L’apprendimento nell'autistico è condizionato dal contesto percettivo in cui è stato acquisito per questo è più opportuno acquisire abilità nei contesti in cui possono essere concretamente utilizzate.
  • 363.
  • 364. Le scale diagnostiche utilizzate per l'autismo sono ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule) che valuta il comportamento sociale, l'uso della vocalizzazione/linguaggio e dei gesti in situazioni sociali e il gioco/interessi; oppure la scala CARS (Childhood Autism Rating Scale) un test adatto anche per gli adulti che distingue tra non autistico, autismo lieve/medio, autismo grave; oppure la PEP-R (Psycho-Educational Prophile – Revised) utile per formulare strategie di intervento, per seguire l’evoluzione del paziente nel tempo e per identificare le capacità emergenti.
  • 365. Nell’età adulta si presentano condizioni di disabilità, con gravi limitazioni nelle autonomie e nella vita sociale tra il 60-90% degli adulti autistici non sono autosufficienti.
  • 366.
  • 367. Qualsiasi intervento educativo deve essere pensato a misura del singolo soggetto, facendo costantemente riferimento alla sua motivazione e al feedback inoltre deve essere sistematico e procedere per piccole unità di comportamento, per poi passare ad altre via via più ampie e complesse.
  • 368. Nell'età prescolare l'intervento persegue solo finalità abilitative, con l'età scolare si aggiungono le finalità adattative all'ambiente.
  • 369. Nell'adolescenza è possibile notare o un netto miglioramento o un drastico peggioramento, a questa età si tenta di correggere i comportamenti disadattivi.
  • 370. È importante coinvolgere i genitori del bambino dalla diagnosi alla terapia, inoltre è consigliabile fare una terapia famigliare con l'obiettivo del sostegno psicologico.
  • 371. Le bandiere rosse dell'autismo:
  • 372.
  • 373.
  • 374.
  • 375.
  • 376. A differenza dei bambini con disturbo autistico questi bambini hanno un intelligenza normale.
  • 377. Lo sviluppo psicomotorio, del linguaggio e del livello intellettivo sostanzialmente adeguati più compromessa tuttavia è la capacità di relazione sociale e la varietà degli interessi sociali.
  • 378. Il disturbo disintegrativo della fanciullezza è raro e più frequente nei maschi, l'esordio avviene dopo uno sviluppo apparentemente normale nei primi 2 anni si ha la perdita di capacità già acquisite come le capacità sociali o comportamento adattivo, il controllo degli sfinteri o il gioco.
  • 379.
  • 380. L'esordio è alla fine del 1° anno, dopo un periodo di sviluppo normale; si nota un ritardo dello sviluppo.
  • 381. Caratteristica fondamentale di questa sindrome è l'aprassia, particolarmente accentuata nelle mani, che la bambina muove continuamente in modo stereotipato, come se le stesse lavando.
  • 382. Il linguaggio è assente, la deambulazione difficoltosa e spesso è presente epilessia, tuttavia gli aspetti autistici in genere scompaiono con la crescita.
  • 383.
  • 385. Disordini della giunzione neuromuscolare.
  • 388.
  • 390.
  • 391.
  • 392. In bambini con questa distrofia si nota un lieve ritardo nell’acquisizione delle tappe motorie e in particolare della deambulazione, e talora ritardo nell’acquisizione del linguaggio.
  • 393. Sono frequenti le cadute e la difficoltà a salire le scale; è presente il segno di Gowers = ogni movimento viene fatto una tappa alla volta, per esempio quando ci si alza dalla sedia è necessario fare leva con le braccia sulle gambe.
  • 394. L'evoluzione della malattia prevede la perdita della deambulazione autonoma a circa 12 anni e a 20 anni circa il decesso a causa delle complicanze cardiache e respiratorie.
  • 395. La terapia prevede la presa in carico globale, pluri-specialistica, da parte di un centro specializzato che sia in grado di gestire i molteplici aspetti della malattia, in relazione all’evoluzione clinica, e comprensiva di un attento supporto emotivo per tutto il nucleo familiare.
  • 396.
  • 397. La distrofia miotonica ha un insorgenza tardiva e i sintomi compaiono dopo la 3° decade. Si nota un precoce coinvolgimento della testa e del collo con limitazione dei movimenti extraoculari.
  • 398. Miotonia = contrazione prolungata di certi muscoli dopo percussione o stimolazione elettrica e ritardo di rilascio dopo contrazione volontaria (stretta di mano).
  • 399. Esiste una forma di distrofia miotonica congenita in cui si riscontrano: ipotonia neonatale, ritardo psicomotorio e paralisi facciale. È la madre a trasmettere la malattia.
  • 400. La distrofia facio-scapolo-omerale è una forma relativamente benigna, asimmetrica e senza il coinvolgimento cardiaco. In essa si osserva un deficit di abduzione della spalla e scapole alate, l'aspettativa di vita è comunque normale.
  • 401.
  • 402.
  • 403. Le miopatie congenite hanno un esordio nel periodo perinatale con decorso non progressivo o molto lentamente progressivo. Si riscontra il floppy baby.
  • 404.
  • 405. Dermatomiosite: si presenta con un rash che precede l'interessamento muscolare: eritema intorno alle palpebre, poi guance e collo. Inseguito eritemi sulle dita e gomiti.
  • 406. Miosite a corpi inclusi: colpisce i maschi anziani, si notano debolezza facciale e disfagia.
  • 407. Solo la poliomiosite e la dermatomiosite rispondono al trattamento.
  • 408.
  • 409. L’esordio è variabile dal periodo prenatale alla giovinezza.
  • 410.
  • 411. SMA tipo I: a esordio nel primo semestre, con impossibilità a raggiungere il controllo del capo.
  • 412. SMA tipo II: a esordio nel secondo semestre, con acquisizione della stazione seduta e impossibilità al passaggio alla stazione eretta.
  • 413. SMA tipo III: a esordio nel secondo anno di vita, con raggiungimento della deambulazione autonoma ma con caratteristiche patologiche.
  • 414. SMA tipo IV: a esordio nell’età adulta.
  • 415.
  • 416. L'ansia come risposta fisiologica è utile quando fa percepire il pericolo e reagire aumentando le capacità di adattamento. Diventa invece patologica quando si perde il controllo delle proprie emozioni.
  • 417. L'ansia può associarsi ad altri tipi di sintomi come quelli depressivi, disturbi dell'attenzione, ecc.
  • 418. Di fronte ad una situazione ansiogena il bambino può cercare di evitarla, adottare comportamenti controfobici o cercare un sostegno sociale, mentre quando la situazione ansiogena è continua o cronica il bambino può aumentare il livello di allerta fino a un “crollo” e, nel tempo, può strutturare una vera e propria psicopatologia.
  • 419.
  • 420. Sindrome da ansia sociale: diffidenza verso gli estranei ed intensa apprensione di fronte a situazioni nuove e/o di fronte ad estranei, essa compare in età precoce e nei soggetti più grandi si esplicita con paura del giudizio altrui e difficoltà a parlare in pubblico.
  • 421. Sindrome ansiosa generalizzata: ansia generalizzata e persistente, che non insorge in risposta ad alcuna particolare circostanza ambientale, si manifesta prevalentemente attraverso sintomi fisici. L’elemento di malessere nei bambini più grandi può essere verbalizzata mentre nei più piccoli si traduce in correlati somatici.
  • 422.
  • 423. Fobia specifica: timore eccessivo e inadeguato conseguente all'esposizione a uno specifico oggetto o situazione. Le reazioni possono essere molto violente.
  • 424. Diversi sottotipi di fobie specifiche.
  • 425.
  • 426.
  • 427. Ossessione = idea, immagine o impulso che disturba o infastidisce la persona che la esperisce.
  • 428. Compulsione = comportamento ripetitivo, intenzionale e finalizzato che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta a un’ossessione
  • 429.
  • 430. Un evento non anomalo ma percepito come eccessivamente stressante dal soggetto.
  • 431. L’effetto cumulativo di microtraumi.
  • 432. Si nota un aumento dello stato d’ansia di fronte a situazioni che possono ricordare l’episodio traumatico e tentativi di non pensare all'evento traumatico. Gli effetti a lungo tempo possono essere depressione, disturbi dell’apprendimento e disturbi di personalità.
  • 433.
  • 434. Associazione di alterazioni specifiche dell’umore, turbe dei ritmi biologici e compromissione dell’adattamento socio-relazionale.
  • 435. Depressione = riduzione del tono dell’umore per la maggior parte del giorno, perdita di interesse o di piacere per quasi tutte le attività per la maggior parte del giorno, significativa perdita dell’appetito e pensieri ricorrenti di morte.
  • 436. Disturbo maniacale = Ipetrofica stima di sé e grandiosità, diminuito bisogno di sonno e maggiore loquacità del solito, distraibilità ed eccessivo coinvolgimento in attività con potenziali conseguenze dannose.
  • 437. In età evolutiva, la depressione si manifesta non solo col ritiro e l’inibizione (della motilità e/o del pensiero) ma anche con l’agitazione, l’iperattività e l’aggressività.
  • 438. Associati alla depressioni vi possono essere altri deficit, come quello di memoria, di attenzione, ecc.
  • 439.
  • 440. Disturbo di Condotta (CD): persistente modalità di condotta in cui i diritti fondamentali degli altri e le principali norme o regole sociali appropriate per l’età vengono violati. Si denota la mancanza di empatia, la scarsa capacità di riconoscere gli intenti degli altri in situazioni ambigue e la mancanza del senso di colpa o di rimorso. È importante raccogliere informazioni da fonti multiple.
  • 441. Disturbo di personalità antisociale: è un modo di “essere nel mondo” dominato dall’opposizione alle norme che regolano la convivenza sociale. Esiste una tipologia impulsiva ed una senza empatia.
  • 442.
  • 443.
  • 444. Ipercinesie: ovvero tremore (oscillazione ritmica involontaria di una parte del corpo attorno alla posizione di equilibrio), corea (movimenti a riposo e/o durante movimenti intenzionali involontari, continui, bruschi, brevi, rapidi e irregolari che passano da una parte all’altra del corpo; per es. ballismo), distonia (contrazione muscolare tonica e sostenuta che frequentemente causa torsione e movimenti ripetitivi o posture anomale; per es. atetosi), tics e mioclono (contrazione brusca, istantanea di uno o più muscoli; per es. mioclono negativo).
  • 445.
  • 446. La corea di Huntington è una corea di tipo genetico, se l'esordio è in età adulta essa porta a demenza, epilessia e discinesie; mentre se l'esordio è in età pediatrica (< 15 anni) si avrà una forma rigida e altri fenotipi differenti.
  • 447. La corea di Sydenham porta ad una serie di disturbi correlati come per esempio l'ipotonia, la disartria, “Milking movements” o “segno del mungitore”, alterazione della scrittura, disturbo tono dell’umore, ADHD e disturbo ossessivo-compulsivo.
  • 448. La corea reumatica è per il 61% generalizzata e per il 39% unilaterale.
  • 449.
  • 450.
  • 451. Sindromi “Distonia-plus”: distonia con parkinsonismo (DOPA-responsive) e distonia con mioclono
  • 454.
  • 456.
  • 457. Il mioclono negativo indica una breve e brusca interruzione della contrazione muscolare dunque è un fenomeno inverso al mioclono.
  • 458. Le stereotipie sono comportamenti motori ripetitivi, istintivi e afinalistici, che si ripetono con un pattern specifico sempre allo stesso modo (come se fosse una fotocopia) e che influenza marcatamente l’attività normale.
  • 459.
  • 460.
  • 461. Tic cronici motori (singoli/multipli)o fonici: essi non devono essere motori e fonici concomitanti e devono avere una durata maggiore di 1 anno. I tics motori possono essere semplici ovvero con ammiccamento delle palpebre, movimenti degli occhi, smorfie, ecc; oppure complessi come il toccare gli oggetti o se stessi, gesti con le mani, girare o piegare il tronco. I tics fonici possono essere semplici ovvero schiarirsi la gola, tossire, emettere suoni senz senso; oppure complessi ovvero sillabe, parole o frasi, alterazioni del ritmo, parole scurrili, ecc.
  • 462.
  • 463.