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ARRIGO MUSTI
Lorenzo
Canova
22 Giugno - 28 Settembre 2014
Musei di Villa Torlonia, Casina delle Civette
Roma Capitale
Ignazio Roberto Marino
Sindaco
Flavia Barca
Assessore alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica
Claudio Parisi Presicce
Servizio Comunicazione e Relazioni Esterne
Renata Piccininni, Responsabile
Teresa Franco
Servizio Mostre e Attività Espositive e Culturali
Federica Pirani, Responsabile
Monica Casini
Gloria Raimondi
Direzione Tecnico Territoriale
Maurizio Anastasi, Direttore
Servizio Allestimenti Museali Temporanei e Permanenti
Roberta Rosati,Responsabile
Lucia Pierlorenzi
Simona De Cubellis
U.O. Ville e Parchi Storici
Alberta Campitelli,Dirigente
Maria Grazia Massafra
Responsabile Museo della Casina delle Civette
Cura della Mostra
Lorenzo Canova
Si ringrazia
Augusta Monferini
Ente promotore
ART YOU
Organizzazione e Direzione Artistica
EXTRAORDINARIO
Allestimenti e Supporto Tecnico
SP SYSTEMA
Relazioni Esterne ed Istituzionali
Ufficio Stampa
Giusy Chiello
Coordinamento Generale della Mostra
Anna Russo
Assicurazioni
LOREM
Concept Design
Maria Elena Sardina
Art Direction
Maria Elena Sardina
Progetto Didattico
Antonella La Porta
Referenze fotografiche
Giovanni Montana
Maria Elena Sardina
Realizzazione editoriale
Plumelia Edizioni
Traduzioni
Denis Gailor
Si ringrazia
per le opere Iron Drops 3 e 4
Adalberto Catanzaro
Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali
Musei di Villa Torlonia
Casina delle Civette
con la collaborazione di
SPONSOR SISTEMA MUSEI IN COMUNESPONSOR MOSTRA
servizi museali
la mostra è inserita nel sistema
con il contributo tecnico di
Immagini classiche caricate di eccessi cromatici,
antichi volti statuari rinchiusi in una corazza
smaltata e lucida, la memoria storica delle
nostre radici trasformata provocatoriamente in
un oggetto sfarzoso ed eccessivo: Arrigo Musti,
seguendo la tradizione del Museo della Casina
delle Civette che ospita la sua mostra, sviluppa
e fonde i suoi campi di interesse (la pittura e il
design) per costruire un’installazione in cui riflette
in modo critico sulle dinamiche del lusso e del suo
mercato nel mondo contemporaneo.
Musti propone infatti, in forma di garbata
sfida, una visione paradossale dove vengono
ad esempio usati con efficacia la laccatura
e lo sfoggio di un colore deliberatamente
accattivante e portato al suo massimo grado
di potenza timbrica, con un’azione persuasiva
per lo spettatore, trasformato dall’artista in un
consumatore di lucidissimi e patinati oggetti alla
moda in cui sono nascoste la storia e la cultura,
non solo della Sicilia dove l’artista è nato e lavora,
ma di un intero Paese come l’Italia, dove i beni
artistici sono visti, troppo spesso e da troppe
parti, solo come un brand turistico da sfruttare
senza nessun tipo di difesa, conservazione e di
reale valorizzazione.
Musti costruisce dunque un discorso
apparentemente accattivante e glamour che però
cela una trappola che centra uno dei punti più
forti del mondo attuale, dove le arti visive sono
molto di frequente associate a un semplice valore
di speculazione finanziaria, annullando del tutto
il loro ruolo di strumento di ricerca, di critica e di
costruzione e interpretazione del mondo, restando
sostanzialmente vuote e prive di senso, riempite
solo dal flusso di valore da cui sono investite nelle
fluttuazioni del mercato.
Ovviamente la posizione di Musti non vuole essere
una critica astorica e cieca a tutto il mercato
dell’arte, che ha senza dubbio un valore positivo
permettendo a un settore articolato e complesso
di operare attivamente, ma alle sue deformazioni
che hanno reso certe opere d’arte dei semplici
oggetti di investimento e di lusso estremo per i
pochissimi appartenenti a una “aristocrazia” molto
ristretta, tradendo completamente, ad esempio,
il senso democratico di un’arte fatta per tutti che
aveva segnato la ricerca della maggior parte delle
avanguardie storiche.
Con un gesto esplicitamente “impopolare” (da
qui il titolo della mostra), Musti si confronta
quindi con alcuni stilemi derivati dalla stessa
Pop Art, riconvertiti però a loro volta in elementi
di consumo di massa senza alcun spunto di
riflessione critica, in un contesto dove lo stesso
design ha perso tutta la sua spinta utopica, la
sua natura di strumento nato per migliorare la
vita quotidiana di milioni di persone diventando
troppo spesso una delle tante, raffinate ma elitarie,
espressioni del lusso contemporaneo.
Così nell’installazione di Musti, le opere, in modo
dichiarato, sono trattate come oggetti di semplice
“decorazione”, di una ostentazione in cui le opere
d’arte arredano, dove il mobile (un pouf) perde
anche il suo ruolo di seduta e diventa, anche
nella forma, un enorme gioiello che risplende al
centro dello spazio senza poter essere utilizzato,
restando solo come forme svuotate utili nel loro
ruolo di veri e propri antidepressivi che coprono
il vuoto sociale e interiore, personale e collettivo,
di un mondo senza memoria che corre veloce per
consumare e dimenticare in fretta tutto, anche se
stesso.
Classical images loaded with chromatic excesses,
ancient statuary faces confined in a shiny
enamelled cuirass, the historical memory of our
roots provocatively turned into a sumptuous
and excessive object: Arrigo Musti, following
the tradition of the Museum of the Casina delle
Civette that is hosting his exhibition, develops and
blends his fields of interest (painting and design)
to construct an installation in which he reflects
critically on the dynamics of luxury and its market
in the contemporary world.
In this connection, Musti, in the form of a polite
challenge, offers a paradoxical vision in which for
instance there are effectively used lacquering and
ostentation of a deliberately alluring colour taken
to its maximum degree of timbre power, with a
persuasive action for the spectator, turned by
the artist into a consumer of shiny and varnished
fashion objects in which there are hidden the
history and culture not only of Sicily, where the
artist was born and works, but of a whole country
like Italy, where the artistic heritage is seen, too
often and in too many quarters, only as a tourist
brand to be exploited without any type of defence,
conservation and true valorisation.
Musti therefore apparently constructs an alluring
discourse and glamour that however hide a trap
that focuses on one of the most marked aspects
of the present-day world, in which the visual arts
are very often associated with a simple value of
financial speculation, entirely annulling their role
as a tool for research, criticism and construction
and interpretation of the world, substantially being
left empty and devoid of meaning, filled only by
the flow of value by which they are affected in the
fluctuations of the market.
Obviously Musti’s position does not aim to be
blind unhistorical criticism of the whole art market,
which has without doubt a positive value, allowing
a ramified and complex sector to operate actively,
but criticism of
its deformations that have turned certain works of
art into simple objects of investment and extreme
luxury for the very few people belonging to a very
restricted “aristocracy”, completely betraying,
for instance, the democratic sense of art done
for everybody that marked the research of most
of the historical avant-garde. With a gesture that
is expressly “unpopular” (in Italian impopolare,
hence the title of the exhibition), Musti therefore
uses some stylistic traits deriving from Pop
Art, but reconverted in turn into elements
of mass consumption without any hint
of critical reflection, in a context in
which design itself has lost all its
utopian thrust, its nature as a tool
created to improve the daily life
of millions of people, all too
often becoming one of the many
refined but elitist expressions of
contemporary luxury.
Hence in Musti’s installation,
the works, declaredly, are treated
as objects for simple “decoration”,
for ostentation in which works of art are
furnishing, and the piece of furniture (a pouf )
also loses its role as a seat and becomes, in the
form too, an enormous jewel that is resplendent at
the centre of the space but cannot
be used, only being left as emptied forms useful
as true antidepressants that cover the social and
internal, personal and collective void, of a world
without memory that rushes to consume and to
forget everything in a hurry, even itself.
Artista siciliano di grande temperamento dipinge usando una materia corposa e
densa che imprime sulla tela a pennellate vigorose e quasi brutali.
Il suo interesse più evidente sembra essere il ritratto.
Arrigo si rifà ad un espressionismo portato all’eccesso... guarda ed osserva i
suoi personaggi con gli occhi del cuore e del sentimento.
È un occhio, il suo, commosso che intende denunciare torti e violenze.
Il fuoco di un sentimento appassionato e potente le ha trasformate in maschere
dolenti. Questa impressione è poi confermata dal temperamento dell’autore,
gentile, buono, sensibile, generoso ed appassionatamente legato alla sua Sicilia: la
terra dove è nato.
A Sicilian artist with a great temperament, he paints using full-bodied and dense material that
he impresses on the canvas with vigorous and almost brutal brushstrokes.
His most evident interest seems to be in the portrait.
Arrigo harks back to expressionism taken to excess ... looks at and observes his
characters with the eyes of the heart and feeling.
His is a touched eye that intends to denounce wrongs and acts of violence. The fire of an
impassioned and powerful feeling has turned them into aching masks.
This impression is also confirmed by the temperament of the author, kind, good, sensitive,
generous and passionately tied to his Sicily: the land where he was born.
Lorenzo Canova
Augusta Monferini
Lorenzo Canova
Augusta Monferini
N°˚2
N˚1
ImpopImpop
IRONDROPSIRONDROPS
DE-
SI-
GN
DROPSDROPS
1
21
“
“
“
“
In definitiva penso di fare sempre le stesse cose anche se, spesso, in modo totalmente diverso.
Vedo me stesso in chiave sociale.
Cerco di trovare in me i germi della contemporaneità.
Mi considero un mero prodotto di un’epoca che, seppur apparentemente caotica e libera, governa i
miei più intimi pensieri.
Una volta percepito che, per esempio, sono attratto dalle forme e dal lusso, ingabbio tali immagini in un
momento di riflessione, e le analizzo, come può fare un investigatore con un indagato.
Le interrogo, le osservo, le ingrandisco.
Posso anche allontanarmi dall’immagine, perché ormai è ben chiara.
La vedo. La manipolo e la trasformo mentalmente in qualcosa di diverso.
E’ un automatismo.
Mi immagino di scrivere, leggere, cenare su un tavolo a forma di anello, magari seduto su un “pouf”
a forma di pietra preziosa.
Poi, però, sento di avere concesso molto alla materia ed alla superficie e so che, prima o poi, ne potrei
pagare il prezzo.
L’immagine del lusso ha riempito un vuoto, come può fare un antidepressivo.
Mi riempio di immagini, ma sfuggo a me stesso.
Dovrei fare un sforzo in più.
Tagliando o bucando le immagini di questi oggetti, finalmente, li sento miei e sento che mi
rappresentano in pieno. Ciò mi permette di coglierne la intrinseca precarietà. Se per popolare si
intende la tendenza, forse epocale, a fuggire da noi stessi e dal pensiero di noi, la parola che, più di
tutte, rappresenta il mio lavoro è impopolare o “impop”.
Il taglio, in definitiva, assomiglia alla pioggia “rain” (della mia precedente serie pittorica) che cadeva
sulle icone dei volti di vittime di violenza o alle gocce della serie “drops”. Qui volti statuari affiorano
dietro una superficie di colore acceso, lucido, solcati da una goccia di colore.
Il taglio è la proiezione tridimensionale della goccia o della pioggia, applicata agli oggetti di lusso.
Ma adesso, guardando l’orologio, è passato molto tempo.
Ora devo scappare, uscire, vedere, incontrare, comprare, “chattare”, “collegarmi”, “navigare”,
guardare, ammirare ...
E’ una spinta irrefrenabile in me, in quanto semplice prodotto sociale
Nasce a Palermo nel 1969.
Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia, Francia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti.
Nel 2009 una mostra personale “Rain” a cura di Maurizio Calvesi ed Augusta Monferini è allestita alla
Wright State University – Ohio-USA.
Nel 2011, partecipa alla 54° Biennale di Venezia - Venezia Arsenale - su scelta del premio Oscar
Giuseppe Tornatore.
L’anno successivo è allestita “Nameless”, presso la Camera dei Deputati (Montecitorio – Roma)
“Nameless”, una mostra personale curata da Marisa Vescovo.
Le opere di Arrigo trattano tematiche a sfondo sociale e fanno parte di musei e collezioni pubbliche e
private. Tra esse il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja (Nazioni Unite), la Fondazione Orestiadi di
Gibellina (TP) ed il museo Guttuso (PA).
Nel 2011 è finalista al concorso mondiale dell’Unesco “Arte e Bioetica”.
Riceve alla Camera dei Deputati (Roma) il “premio internazionale Italia-Usa 2014” della
omonima Fondazione.
Disegna, in collaborazione con l’arch. Anna Russo, una linea d’arredi di interni e di maioliche che
vengono esposte in fiere di settore in Italia ed all’estero.
Arrigo Musti vive e lavora tra e Roma e Bagheria (Palermo).
He was born in Palermo in 1969.
He has participated in numerous personal and collective exhibitions in Italy, France, Holland, England
and the United States.
In 2009 a personal exhibition, “Rain”, with works chosen by Maurizio Calvesi and Augusta Monferini,
was run at the Wright State University, Ohio, USA.
In 2011, he participated in the 54th Venice Biennale - Venice Arsenal - on a choice by the Oscar-
winning Giuseppe Tornatore.
The following year his exhibition “Nameless” was run at the Chamber of Deputies
(Montecitorio-Rome), a personal exhibition with works chosen by Marisa Vescovo.
Arrigo’s works deal with themes with a social background and are in museums and public and private
collections. Among them is the International Criminal court of the Hague (United Nations), the Orestiadi
Foundation at Gibellina (Trapani province) and the Guttuso museum (Palermo province).
In 2011 he was a finalist in the UNESCO world contest “Art and Bioethics.”
He received at the Chamber of Deputies (Rome) the international Italy-USA 2014 prize of the
homonymous Foundation.
In collaboration with the architect Anna Russo, he designs a line of interior fittings and majolica objects
that are displayed at trade fairs in Italy and abroad.
Arrigo Musti lives and works partly in Rome and partly in Bagheria (Palermo province).
In conclusion I think I always do the same things although, often, in a totally different way.
I see myself in a social key.
I try to find in myself the germs of the contemporary world.
I consider myself a mere product of an epoch that, even though apparently chaotic and free, governs
my most intimate thoughts.
Once I perceive that, for example, I am attracted by forms and luxury, I encage such images in a
moment of reflection, and I analyze them, as an investigator can do with a suspect.
I question them, I observe them, I magnify them.
I can also move away from the image, because by now it is very clear.
I see it. I manipulate it and mentally I turn it into something different.
It is an automatism.
I imagine myself writing, reading, dining at a ring-shaped table, possibly sitting on a pouf shaped like a
precious stone.
Then, however, I feel I have conceded a lot to material and the surface and I know that, sooner or later, I
could pay the price for doing it.
The image of luxury has filled a void, as an antidepressant can do.
I fill myself with images, but I run away from myself.
I should make one more effort.
Cutting or puncturing the images of these objects, I at last feel they are mine, and I feel that they
represent me in full. This allows me to perceive their intrinsic precariousness.
If by popular we mean the tendency, perhaps an epochal one, to run away from ourselves and from the
thought of ourselves, the word that, more than any other, represents my work is unpopular or “impop.”
The cut, in conclusion, resembles the “rain” (of my previous painting series) that fell
on the icons of the faces of victims of violence or the drops of the “drops” series. Here statuary faces
peep out behind a surface of bright colour, shiny, furrowed by a drop of colour.
The cut is the three-dimensional projection of the drop or the rain, applied to luxury objects.
But now, looking at the clock, I see a lot of time has passed.
I now have to rush away, to go out, to see, to meet, to buy, to chat, to “get connected”, to “surf”, to
look, to admire ...
It is an uncontrollable drive in me, as a simple social product.
Arrigo Musti
finito di stampare
per conto delle Edizioni Plumelia (di A&P)
nel mese di Giugno 2014
presso le Officine Tipografiche Aiello e Provenzano
Bagheria (Palermo)
I S B N 9 7 8 - 8 8 - 8 9 8 7 6 - 8 1 - 7
3
4
5
A PIENA PAGINA:
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
J&well, 2013
J&well, 2013
J&well, 2013
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014
Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014
Si ringrazia Giuseppe Fricano per la foto a pagina 10
Foto copertina: fonte www.photos-public-domain.com
(a sinistra) IRON DROPS N° 8
(a sinistra) IRON DROPS N° 3
(a destra) IRON DROPS N° 7
(a destra) IRON DROPS N° 2
(in basso) IRON DROPS N° 6
IRON DROPS N° 1
(a sinistra) Pouf
IRON DROPS N° 5
(a destra) Sedia / Chair
(in basso a sinistra) Tavolo / Table
DROPS: MAIOLICHE IN PIETRA LAVICA / LAVA STONE MAIOLIC TILES
DROPS N° 1
DROPS N° 21
(in basso) IRON DROPS N° 4
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Arrigo Musti, Impop 2014

  • 2. 22 Giugno - 28 Settembre 2014 Musei di Villa Torlonia, Casina delle Civette Roma Capitale Ignazio Roberto Marino Sindaco Flavia Barca Assessore alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica Claudio Parisi Presicce Servizio Comunicazione e Relazioni Esterne Renata Piccininni, Responsabile Teresa Franco Servizio Mostre e Attività Espositive e Culturali Federica Pirani, Responsabile Monica Casini Gloria Raimondi Direzione Tecnico Territoriale Maurizio Anastasi, Direttore Servizio Allestimenti Museali Temporanei e Permanenti Roberta Rosati,Responsabile Lucia Pierlorenzi Simona De Cubellis U.O. Ville e Parchi Storici Alberta Campitelli,Dirigente Maria Grazia Massafra Responsabile Museo della Casina delle Civette Cura della Mostra Lorenzo Canova Si ringrazia Augusta Monferini Ente promotore ART YOU Organizzazione e Direzione Artistica EXTRAORDINARIO Allestimenti e Supporto Tecnico SP SYSTEMA Relazioni Esterne ed Istituzionali Ufficio Stampa Giusy Chiello Coordinamento Generale della Mostra Anna Russo Assicurazioni LOREM Concept Design Maria Elena Sardina Art Direction Maria Elena Sardina Progetto Didattico Antonella La Porta Referenze fotografiche Giovanni Montana Maria Elena Sardina Realizzazione editoriale Plumelia Edizioni Traduzioni Denis Gailor Si ringrazia per le opere Iron Drops 3 e 4 Adalberto Catanzaro Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali Musei di Villa Torlonia Casina delle Civette con la collaborazione di SPONSOR SISTEMA MUSEI IN COMUNESPONSOR MOSTRA servizi museali la mostra è inserita nel sistema con il contributo tecnico di
  • 3. Immagini classiche caricate di eccessi cromatici, antichi volti statuari rinchiusi in una corazza smaltata e lucida, la memoria storica delle nostre radici trasformata provocatoriamente in un oggetto sfarzoso ed eccessivo: Arrigo Musti, seguendo la tradizione del Museo della Casina delle Civette che ospita la sua mostra, sviluppa e fonde i suoi campi di interesse (la pittura e il design) per costruire un’installazione in cui riflette in modo critico sulle dinamiche del lusso e del suo mercato nel mondo contemporaneo. Musti propone infatti, in forma di garbata sfida, una visione paradossale dove vengono ad esempio usati con efficacia la laccatura e lo sfoggio di un colore deliberatamente accattivante e portato al suo massimo grado di potenza timbrica, con un’azione persuasiva per lo spettatore, trasformato dall’artista in un consumatore di lucidissimi e patinati oggetti alla moda in cui sono nascoste la storia e la cultura, non solo della Sicilia dove l’artista è nato e lavora, ma di un intero Paese come l’Italia, dove i beni artistici sono visti, troppo spesso e da troppe parti, solo come un brand turistico da sfruttare senza nessun tipo di difesa, conservazione e di reale valorizzazione. Musti costruisce dunque un discorso apparentemente accattivante e glamour che però cela una trappola che centra uno dei punti più forti del mondo attuale, dove le arti visive sono molto di frequente associate a un semplice valore di speculazione finanziaria, annullando del tutto il loro ruolo di strumento di ricerca, di critica e di costruzione e interpretazione del mondo, restando sostanzialmente vuote e prive di senso, riempite solo dal flusso di valore da cui sono investite nelle fluttuazioni del mercato. Ovviamente la posizione di Musti non vuole essere una critica astorica e cieca a tutto il mercato dell’arte, che ha senza dubbio un valore positivo permettendo a un settore articolato e complesso di operare attivamente, ma alle sue deformazioni che hanno reso certe opere d’arte dei semplici oggetti di investimento e di lusso estremo per i pochissimi appartenenti a una “aristocrazia” molto ristretta, tradendo completamente, ad esempio, il senso democratico di un’arte fatta per tutti che aveva segnato la ricerca della maggior parte delle avanguardie storiche. Con un gesto esplicitamente “impopolare” (da qui il titolo della mostra), Musti si confronta quindi con alcuni stilemi derivati dalla stessa Pop Art, riconvertiti però a loro volta in elementi di consumo di massa senza alcun spunto di riflessione critica, in un contesto dove lo stesso design ha perso tutta la sua spinta utopica, la sua natura di strumento nato per migliorare la vita quotidiana di milioni di persone diventando troppo spesso una delle tante, raffinate ma elitarie, espressioni del lusso contemporaneo. Così nell’installazione di Musti, le opere, in modo dichiarato, sono trattate come oggetti di semplice “decorazione”, di una ostentazione in cui le opere d’arte arredano, dove il mobile (un pouf) perde anche il suo ruolo di seduta e diventa, anche nella forma, un enorme gioiello che risplende al centro dello spazio senza poter essere utilizzato, restando solo come forme svuotate utili nel loro ruolo di veri e propri antidepressivi che coprono il vuoto sociale e interiore, personale e collettivo, di un mondo senza memoria che corre veloce per consumare e dimenticare in fretta tutto, anche se stesso. Classical images loaded with chromatic excesses, ancient statuary faces confined in a shiny enamelled cuirass, the historical memory of our roots provocatively turned into a sumptuous and excessive object: Arrigo Musti, following the tradition of the Museum of the Casina delle Civette that is hosting his exhibition, develops and blends his fields of interest (painting and design) to construct an installation in which he reflects critically on the dynamics of luxury and its market in the contemporary world. In this connection, Musti, in the form of a polite challenge, offers a paradoxical vision in which for instance there are effectively used lacquering and ostentation of a deliberately alluring colour taken to its maximum degree of timbre power, with a persuasive action for the spectator, turned by the artist into a consumer of shiny and varnished fashion objects in which there are hidden the history and culture not only of Sicily, where the artist was born and works, but of a whole country like Italy, where the artistic heritage is seen, too often and in too many quarters, only as a tourist brand to be exploited without any type of defence, conservation and true valorisation. Musti therefore apparently constructs an alluring discourse and glamour that however hide a trap that focuses on one of the most marked aspects of the present-day world, in which the visual arts are very often associated with a simple value of financial speculation, entirely annulling their role as a tool for research, criticism and construction and interpretation of the world, substantially being left empty and devoid of meaning, filled only by the flow of value by which they are affected in the fluctuations of the market. Obviously Musti’s position does not aim to be blind unhistorical criticism of the whole art market, which has without doubt a positive value, allowing a ramified and complex sector to operate actively, but criticism of its deformations that have turned certain works of art into simple objects of investment and extreme luxury for the very few people belonging to a very restricted “aristocracy”, completely betraying, for instance, the democratic sense of art done for everybody that marked the research of most of the historical avant-garde. With a gesture that is expressly “unpopular” (in Italian impopolare, hence the title of the exhibition), Musti therefore uses some stylistic traits deriving from Pop Art, but reconverted in turn into elements of mass consumption without any hint of critical reflection, in a context in which design itself has lost all its utopian thrust, its nature as a tool created to improve the daily life of millions of people, all too often becoming one of the many refined but elitist expressions of contemporary luxury. Hence in Musti’s installation, the works, declaredly, are treated as objects for simple “decoration”, for ostentation in which works of art are furnishing, and the piece of furniture (a pouf ) also loses its role as a seat and becomes, in the form too, an enormous jewel that is resplendent at the centre of the space but cannot be used, only being left as emptied forms useful as true antidepressants that cover the social and internal, personal and collective void, of a world without memory that rushes to consume and to forget everything in a hurry, even itself. Artista siciliano di grande temperamento dipinge usando una materia corposa e densa che imprime sulla tela a pennellate vigorose e quasi brutali. Il suo interesse più evidente sembra essere il ritratto. Arrigo si rifà ad un espressionismo portato all’eccesso... guarda ed osserva i suoi personaggi con gli occhi del cuore e del sentimento. È un occhio, il suo, commosso che intende denunciare torti e violenze. Il fuoco di un sentimento appassionato e potente le ha trasformate in maschere dolenti. Questa impressione è poi confermata dal temperamento dell’autore, gentile, buono, sensibile, generoso ed appassionatamente legato alla sua Sicilia: la terra dove è nato. A Sicilian artist with a great temperament, he paints using full-bodied and dense material that he impresses on the canvas with vigorous and almost brutal brushstrokes. His most evident interest seems to be in the portrait. Arrigo harks back to expressionism taken to excess ... looks at and observes his characters with the eyes of the heart and feeling. His is a touched eye that intends to denounce wrongs and acts of violence. The fire of an impassioned and powerful feeling has turned them into aching masks. This impression is also confirmed by the temperament of the author, kind, good, sensitive, generous and passionately tied to his Sicily: the land where he was born. Lorenzo Canova Augusta Monferini Lorenzo Canova Augusta Monferini
  • 5.
  • 7.
  • 8.
  • 10. “ “ “ “ In definitiva penso di fare sempre le stesse cose anche se, spesso, in modo totalmente diverso. Vedo me stesso in chiave sociale. Cerco di trovare in me i germi della contemporaneità. Mi considero un mero prodotto di un’epoca che, seppur apparentemente caotica e libera, governa i miei più intimi pensieri. Una volta percepito che, per esempio, sono attratto dalle forme e dal lusso, ingabbio tali immagini in un momento di riflessione, e le analizzo, come può fare un investigatore con un indagato. Le interrogo, le osservo, le ingrandisco. Posso anche allontanarmi dall’immagine, perché ormai è ben chiara. La vedo. La manipolo e la trasformo mentalmente in qualcosa di diverso. E’ un automatismo. Mi immagino di scrivere, leggere, cenare su un tavolo a forma di anello, magari seduto su un “pouf” a forma di pietra preziosa. Poi, però, sento di avere concesso molto alla materia ed alla superficie e so che, prima o poi, ne potrei pagare il prezzo. L’immagine del lusso ha riempito un vuoto, come può fare un antidepressivo. Mi riempio di immagini, ma sfuggo a me stesso. Dovrei fare un sforzo in più. Tagliando o bucando le immagini di questi oggetti, finalmente, li sento miei e sento che mi rappresentano in pieno. Ciò mi permette di coglierne la intrinseca precarietà. Se per popolare si intende la tendenza, forse epocale, a fuggire da noi stessi e dal pensiero di noi, la parola che, più di tutte, rappresenta il mio lavoro è impopolare o “impop”. Il taglio, in definitiva, assomiglia alla pioggia “rain” (della mia precedente serie pittorica) che cadeva sulle icone dei volti di vittime di violenza o alle gocce della serie “drops”. Qui volti statuari affiorano dietro una superficie di colore acceso, lucido, solcati da una goccia di colore. Il taglio è la proiezione tridimensionale della goccia o della pioggia, applicata agli oggetti di lusso. Ma adesso, guardando l’orologio, è passato molto tempo. Ora devo scappare, uscire, vedere, incontrare, comprare, “chattare”, “collegarmi”, “navigare”, guardare, ammirare ... E’ una spinta irrefrenabile in me, in quanto semplice prodotto sociale Nasce a Palermo nel 1969. Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia, Francia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti. Nel 2009 una mostra personale “Rain” a cura di Maurizio Calvesi ed Augusta Monferini è allestita alla Wright State University – Ohio-USA. Nel 2011, partecipa alla 54° Biennale di Venezia - Venezia Arsenale - su scelta del premio Oscar Giuseppe Tornatore. L’anno successivo è allestita “Nameless”, presso la Camera dei Deputati (Montecitorio – Roma) “Nameless”, una mostra personale curata da Marisa Vescovo. Le opere di Arrigo trattano tematiche a sfondo sociale e fanno parte di musei e collezioni pubbliche e private. Tra esse il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja (Nazioni Unite), la Fondazione Orestiadi di Gibellina (TP) ed il museo Guttuso (PA). Nel 2011 è finalista al concorso mondiale dell’Unesco “Arte e Bioetica”. Riceve alla Camera dei Deputati (Roma) il “premio internazionale Italia-Usa 2014” della omonima Fondazione. Disegna, in collaborazione con l’arch. Anna Russo, una linea d’arredi di interni e di maioliche che vengono esposte in fiere di settore in Italia ed all’estero. Arrigo Musti vive e lavora tra e Roma e Bagheria (Palermo). He was born in Palermo in 1969. He has participated in numerous personal and collective exhibitions in Italy, France, Holland, England and the United States. In 2009 a personal exhibition, “Rain”, with works chosen by Maurizio Calvesi and Augusta Monferini, was run at the Wright State University, Ohio, USA. In 2011, he participated in the 54th Venice Biennale - Venice Arsenal - on a choice by the Oscar- winning Giuseppe Tornatore. The following year his exhibition “Nameless” was run at the Chamber of Deputies (Montecitorio-Rome), a personal exhibition with works chosen by Marisa Vescovo. Arrigo’s works deal with themes with a social background and are in museums and public and private collections. Among them is the International Criminal court of the Hague (United Nations), the Orestiadi Foundation at Gibellina (Trapani province) and the Guttuso museum (Palermo province). In 2011 he was a finalist in the UNESCO world contest “Art and Bioethics.” He received at the Chamber of Deputies (Rome) the international Italy-USA 2014 prize of the homonymous Foundation. In collaboration with the architect Anna Russo, he designs a line of interior fittings and majolica objects that are displayed at trade fairs in Italy and abroad. Arrigo Musti lives and works partly in Rome and partly in Bagheria (Palermo province). In conclusion I think I always do the same things although, often, in a totally different way. I see myself in a social key. I try to find in myself the germs of the contemporary world. I consider myself a mere product of an epoch that, even though apparently chaotic and free, governs my most intimate thoughts. Once I perceive that, for example, I am attracted by forms and luxury, I encage such images in a moment of reflection, and I analyze them, as an investigator can do with a suspect. I question them, I observe them, I magnify them. I can also move away from the image, because by now it is very clear. I see it. I manipulate it and mentally I turn it into something different. It is an automatism. I imagine myself writing, reading, dining at a ring-shaped table, possibly sitting on a pouf shaped like a precious stone. Then, however, I feel I have conceded a lot to material and the surface and I know that, sooner or later, I could pay the price for doing it. The image of luxury has filled a void, as an antidepressant can do. I fill myself with images, but I run away from myself. I should make one more effort. Cutting or puncturing the images of these objects, I at last feel they are mine, and I feel that they represent me in full. This allows me to perceive their intrinsic precariousness. If by popular we mean the tendency, perhaps an epochal one, to run away from ourselves and from the thought of ourselves, the word that, more than any other, represents my work is unpopular or “impop.” The cut, in conclusion, resembles the “rain” (of my previous painting series) that fell on the icons of the faces of victims of violence or the drops of the “drops” series. Here statuary faces peep out behind a surface of bright colour, shiny, furrowed by a drop of colour. The cut is the three-dimensional projection of the drop or the rain, applied to luxury objects. But now, looking at the clock, I see a lot of time has passed. I now have to rush away, to go out, to see, to meet, to buy, to chat, to “get connected”, to “surf”, to look, to admire ... It is an uncontrollable drive in me, as a simple social product. Arrigo Musti
  • 11. finito di stampare per conto delle Edizioni Plumelia (di A&P) nel mese di Giugno 2014 presso le Officine Tipografiche Aiello e Provenzano Bagheria (Palermo) I S B N 9 7 8 - 8 8 - 8 9 8 7 6 - 8 1 - 7 3 4 5 A PIENA PAGINA: Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 J&well, 2013 J&well, 2013 J&well, 2013 Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 Tecnica mista su ferro laccato lucido, 70 x 80 cm, 2014 Mixed media on high-gloss lacquered iron, 70 x 80 cm, 2014 Si ringrazia Giuseppe Fricano per la foto a pagina 10 Foto copertina: fonte www.photos-public-domain.com (a sinistra) IRON DROPS N° 8 (a sinistra) IRON DROPS N° 3 (a destra) IRON DROPS N° 7 (a destra) IRON DROPS N° 2 (in basso) IRON DROPS N° 6 IRON DROPS N° 1 (a sinistra) Pouf IRON DROPS N° 5 (a destra) Sedia / Chair (in basso a sinistra) Tavolo / Table DROPS: MAIOLICHE IN PIETRA LAVICA / LAVA STONE MAIOLIC TILES DROPS N° 1 DROPS N° 21 (in basso) IRON DROPS N° 4