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L’autoriproduzione dei semi antichi



         Habitat Ecovillaggio,
         Gambassi Terme (FI)
            10 marzo 2013
Testi e relazione
   a cura del Dott. Di Gioia Fabio
   laureato in scienze e tecnologie agrarie presso la Facoltà d'Agraria di Firenze

Progetto grafico e immagini
   di Samuele Pesce
Cosa sono le varietà locali di specie erbacee?




Con il termine di varietà locale si intendono tutte quelle
varietà che essendosi evolute in un periodo di tempo
molto ampio, hanno solitamente un'elevata variabilità
genetica specialmente quando sono mantenute nella
loro zona di origine e vengono coltivate attraverso
tecniche agricole tradizionali.
Come si sono evolute nei secoli le varietà locali?


    Le varietà locali di specie erbacee si sono evolute nei secoli
                          secondo 2 modalità:

1) In base alle condizioni ambientali (clima, terreno, tipo di coltura, .
    presenza di parassiti ecc.)

2) In maniera consapevole o inconsapevole da parte dell'uomo.
a) In maniera consapevole era l'agricoltore che poteva scegliere
 . per la riproduzione le piante migliori.
b) In maniera inconsapevole l’evoluzione poteva essere il risultato
di pratiche agricole (tempo di semina o di raccolta), le quali
potevano favorire all'interno della popolazione la scelta soltanto di
alcuni individui.
La riproduzione delle specie erbacee




La maggior parte delle piante erbacee si riproduce per
seme, mentre soltanto una piccola parte di esse si
riproduce per via vegetativa (patata, aglio e zafferano).
Come avviene il passaggio dalla fase
       vegetativa a quella riproduttiva


Alcune specie che si riproducono per seme possono
passare dalla fase vegetativa (in cui producono foglie e
rami) a quella riproduttiva (in cui producono fiori e frutti),
senza la necessità che particolari stimoli esterni e
ambientali inducano cambiamenti fisiologici al loro
interno. Altre specie invece esigono di particolari
condizioni di fotoperiodo (lunghezza del giorno) e di
vernalizzazione (periodo di freddo) per poter passare
dalla fase vegetativa a quella produttiva.
Il fotoperiodo



Con il termine di fotoperiodo, si intende la lunghezza e
l'intensità del periodo di luce giornaliero che alcune
piante richiedono per poter produrre fiori e frutti.
Classificazione delle piante in base al
                   fotoperiodo

      In base al fotoperiodo le piante possono essere
               classificate in 3 gruppi diversi
1) PIANTE LONGIDIURNE O A GIORNO LUNGO. Sono piante che
fioriscono in periodi dell'anno in cui le ore di luce superano quelle di buio.
Per questo le piante longidiurne sono anche brevinotturne (Es. frumento,
alcune varietà di cipolla, cicoria e alcune varietà di lattuga).

2) PIANTE BREVIDIURNE O A GIORNO CORTO. Sono piante che
fioriscono in periodi dell'anno in cui le ore di buio superano quelle di luce.
Per questo le piante brevidiurne sono anche longinotturne (Es. alcune
varietà di cipolla).

3) PIANTE NEUTRODIURNE O A GIORNO INDIFFERENTE. Sono piante
in cui la fioritura è indipendente dal numero di ore di luce (La maggior parte
delle specie erbacee).
La vernalizzazione

Con il termine di vernalizzazione, si intende quel periodo
di freddo in cui alcune specie vegetali devono essere
sottoposte per poter produrre fiori e frutti.
Tra le specie che hanno bisogno di un fabbisogno in
freddo ricordiamo le piante biennali (sedani, prezzemolo,
cavoli ecc.), ossia piante che producono foglie e rami al 1°
anno di vita e fiori e frutti al 2° anno di vita. In altre specie
vegetali addirittura la vernalizzazione può operare uno
stimolo a fiore, già a livello delle prime fasi di
germinazione del seme (cicoria e lattuga), mentre altre
(frumento, orzo, farro e segale), necessitano di uno
sviluppo di avanzato della piante affinché il freddo possa
esplicare la sua azione.
Produzione delle sementi

     La produzione delle sementi può essere fatta
        essenzialmente attraverso due sistemi:

1)L’acquisto

2) L’autoriproduzione e la successiva raccolta del seme
direttamente dalle piante coltivate in azienda.
L’acquisto delle sementi


Le sementi che vengono acquistate, possono essere
riprodotte con successo dai coltivatori specialmente se
queste risultano varietà ad impollinazione libera o
incrociata al fine di ottenere sementi definite ibride. Le
varietà ibride di solito si ottengono dall'incrocio di varietà
(linee) sottoposte ad autofecondazione. I semi riprodotti
da varietà ibride producono piante con caratteristiche
molto diverse da quelle tipiche della varietà ibrida
originaria
L’autoriproduzione delle sementi


L’autoriproduzione delle sementi invece è stata quella
tecnica riproduttiva che fin da secoli più antichi, ossia
dalla nascita dell'agricoltura nell'epoca neolitica fino ad
oggi, ha permesso di propagare le varietà locali di
specie erbacee. Questa tecnica riproduttiva, consiste
principalmente nel fare crescere una pianta, dalla cui
raccolta del seme fatto direttamente in azienda, è
possibile ottenere del materiale riproduttivo da utilizzare
l'anno successivo e riprodurlo all'infinito.
Motivi dell’autoriproduzione delle
                      sementi
  I motivi che possono spingere i coltivatori al mantenimento e alla selezione
 delle specie e varietà vegetali che normalmente coltivano in azienda possono
                                    dipendere:

A) Dal mercato locale che richiede prodotti particolari (es. Fagiolo Zolfino, Cavolo Nero
Fiorentino, Fagiola Fiorentina, Zucchina Fiorentina, Melanzana Violetta Fiorentina,
Pomodoro Costoluto Fiorentino, Pomodoro Canestrino di Lucca ecc.).

B) Dal mantener vive alcune abitudini alimentari (emigranti provenienti dal Sud d'Italia,
che continuano a coltivare le varietà tipiche dei loro luoghi d'origine).

C) Per ragioni economiche (evitare l'acquisto di sementi, evitare eccessive spese
aziendali).

D) Per ragioni di pura conservazione che consistono nell'interesse a svolgere un lavoro
di recupero e di riproduzione di specie e varietà vegetali a rischio d'estinzione.
Tecniche d’isolamento

Per non perdere la purezza del seme e le caratteristiche
di una determinata varietà, è necessario che attraverso
la riproduzione i genitori e i figli, abbiano le stesse
caratteristiche esteriori corrispondenti. Per ottenere
questo occorre evitare che sulla pianta portaseme
(femminile), giunga polline di altre varietà il quale
determinerebbe un incrocio di vari caratteri e la
conseguente perdita delle caratteristiche peculiari della
varietà in oggetto. Per scongiurare eventuali fenomeni
d'ibridazione, possono essere adottate tecniche
d'isolamento opportune
Le principali tecniche d’isolamento


A) ISOLAMENTO NELLO SPAZIO
B) ISOLAMENTO NEL TEMPO
C) ISOLAMENTO MECCANICO
D) ISOLAMENTO DI SINGOLE PIANTE
E) ISOLAMENTO DI UN GRUPPO DI PIANTE
F) ISOLAMENTO CON INTRODUZIONE D'INSETTI
….IMPOLLINATORI
G) FORMA DELLA PARCELLA CHE OSPITA LE
PIANTE PORTASEME
H) TECNICHE D'IMPOLLINAZIONE MANUALE
Isolamento nello spazio


Incroci tra varietà diverse possono essere evitati
mantenendo queste separate ad una distanza
abbastanza elevata tale da prevenire contaminazioni
dovute all'attività impollinatrice degli insetti o del vento.
Quando si parla di isolamento spaziale bisogna tener
conto anche delle varietà coltivate negli orti o nei giardini
dei vicini. Occorre inoltre essere certi che nella zona,
almeno entro un certo raggio, non siano presenti specie
e varietà indesiderate.
Isolamento nello spazio: distanza tra le
            varie specie

  La distanza da adottare varia da specie a specie ma
 anche in base alla tipologia della zona di riproduzione
   variando a sua volta a seguito di molti fattori come:

A) La dimensione della pianta femminile
B) La densità degli impollinatori
C) La presenza di fonti alimentari alternative per gli
….impollinatori
D) L'esistenza di barriere geografiche, vegetazionali e
ambientali
Isolamento nello spazio: accorgimenti da
                adottare
La distanza tra diverse varietà deve tener conto anche di
diverse componenti come:

1) Il tipo d'impollinazione della pianta
(autoimpollinazione o impollinazione incrociata).
2) Il vettore del polline (insetti o vento).

Inoltre per varietà che hanno caratteristiche morfologiche diverse (es: fagioli
con fiori bianchi e fagioli con fiori rossi, oppure peperoni dolci e piccanti), la
distanza deve essere maggiore di quella richiesta per varietà simili (due
varietà di fagioli con fiori bianchi e due varietà di peperoni piccanti). Mentre
nel caso in cui si raccolgano semi sviluppati da frutti di piante poste al
centro e non ai margini della coltura, la distanza può essere ridotta.
Isolamento nel tempo


Molto spesso varietà della stessa specie possono fiorire
in epoche leggermente spostate nel tempo. Questa
situazione può essere dovuta a fattori genetici (es
cavolo primaticcio e tardivo o differenti tipi di cipolla),
oppure può essere ottenuta anticipando o posticipando
le epoche di semina o di trapianto in modo tale che
varietà della stessa specie, pur essendo coltivate vicine
le une dalle altre, fioriscono in maniera asincrona così
da evitare gli scambi di polline tra varietà diverse. Tra le
specie che possono essere isolate nel tempo possiamo
ricordare il mais, la cicoria e la lattuga.
Isolamento nel tempo: separazione
               temporale


Due varietà con epoche di fioritura vicine o sovrapposte
possono essere isolate nel tempo quando la stagione e
il clima della zona non permettono le semine con
almeno 4 settimane d'intervallo. Tuttavia condizioni
climatiche avverse nel periodo primaverile-autunnale
possono causare disformità di crescita e fioritura di
varietà diverse, annullando di conseguenza l'intervallo
delle epoche di fioritura.
Isolamento meccanico


L'isolamento meccanico si basa sull'utilizzazione di
barriere artificiali (serre, tunnel e reti) o di isolatori per
singole piante fatti di materiale idoneo (tessuto non
tessuto, garze, sacchetti di plastica ecc.), che
scongiurano l'accesso ai fiori di polline proveniente
dall'esterno.
Isolamento di singole piante


Con questa tecnica si tende a separare gli organi
riproduttivi della pianta. Solitamente questa tecnica
viene utilizzata con piante ad autoimpollinazione per
evitare eventuali incroci di pollini estranei, per eseguire
incroci, nel caso del mais, o per evitare ibridazioni.
Questa operazione può essere svolta ricorrendo a buste
di carta, tessuto non tessuto, tela grezza ecc. E'
consigliabile evitare l'uso di buste di nylon o altro
materiale che non consenta la traspirazione della pianta.
Isolamento di un gruppo di piante


Per effettuare questo tipo d'isolamento occorre costruire
un telaio in metallo, legno o plastica, rivestito di rete
bianca, anche di materiale sintetico, che non consenta il
passaggio d'insetti o del polline trasportato dal vento e
non riduca troppo la luminosità all'interno della struttura,
pur consentendo il passaggio dell'aria, dell'acqua e della
luce. Gli isolatori per singole piante o per gruppi di
piante, devono essere spostati appena possibile (a
fecondazione avvenuta), per consentire la maturazione
all'aperto dei frutti appena formati.
Isolamento di un gruppo di piante:
           tipi di isolatori



Gli isolatori possono essere:
1) Fissi
2) Mobili
Isolamento di un gruppo di piante:
             isolatori mobili


Si ricorre ad un isolatore mobile quando si devono
isolare due varietà a fioritura contemporanea che
necessitano dell'azione d'insetti per l'impollinazione e lo
si utilizza a giorni alterni per le singole varietà. Questo
sistema tuttavia può causare una riduzione della
produzione del seme, perché l'impollinazione non
avviene in maniera costante. L'alternanza degli isolatori
deve proseguire fino a che non si è formato un
sufficiente numero di frutti o fino alla fine della fioritura.
Isolamento con introduzione d’insetti
             impollinatori


Per quanto riguarda questo tipo d'isolamento, ricordiamo
che i migliori insetti impollinatori sono le api e i bombi,
anche se per situazioni di confinamento in volumi ridotti
si può ricorre con minori problemi all'uso di mosche che
sono più disponibili e facilmente manipolabili.
Isolamento con introduzione d’insetti
         impollinatori: reperibilità
Le mosche possono essere acquistate allo stadio larvale
come esche per i pescatori. Nell'isolatore vanno introdotte
le mosche adulte che possono essere catturate attraendole
con dei pezzetti di carne. Le mosche adulte a differenza
delle larve che si nutrono di carne sono glicifaghe cioè si
alimentano di sostanze zuccherine che possono trovare
nei fiori, favorendo di conseguenza l'impollinazione. La loro
vita è molto breve e ogni 3-4 giorni e per questo devono
essere sostituite. Anche i bombi possono essere acquistati
e utilizzati per l'impollinazione delle colture in serra.
Tuttavia al pari delle api per sopravvivere essi hanno
bisogno della presenza dell'intera colonia d'appartenenza,
completa di regina e di adeguate scorte di polline e miele.
Forma della parcella che ospita le piante
              portaseme


Se si verificano delle contaminazioni di polline estraneo
per l'azione del vento o degli insetti, è più probabile che
questo avvenga lungo il perimetro della parcella che
ospite la pianta riproduttrice. Quindi se ad una parcella
di piante madri si cerca di dare una forma quadrata, si
riduce notevolmente la possibilità che la parte più
interna venga raggiunta da polline estraneo.
Tecniche d’impollinazione manuale


Le tecniche d'impollinazione manuale vengono usate
principalmente per specie ad impollinazione entomofila,
ma possono essere usate anche per specie ad
impollinazione anemofila come il mais. La tecnica
d'impollinazione manuale prevede il trasporto di polline
incontaminato da un fiore maschile ad un fiore femminile
recettivo e precedentemente aperto. Dopo che
l'impollinazione manuale è stata effettuata, il fiore va
protetto da possibili contaminazioni di pollini esterni.
La selezione massale


La selezione massale operata dall'uomo dipende da
molti fattori legati alle condizioni ambientali e sociali. In
generale questo tipo di selezione deve favorire quelle
piante che presentano maggior vigore germinativo e
produttivo, produttività, resistenza e/o tolleranza ai
parassiti e agli stress ambientali (siccità, freddo, caldo
ecc.).
La selezione massale e la selezione
                artificiale


Dal punto di vista tecnico, la selezione massale a
differenza della selezione artificiale operata dall'uomo,
permette di mantenere intatta la variabilità genetica degli
individui riprodotti. Questo perché con tale tecnica, non
si opera una scelta dei caratteri da selezionare
all'interno della varietà (selezione artificiale), ma bensì
una scelta delle varietà migliori mantenendo di
conseguenza inalterata la struttura genetica
dell'individuo (selezione massale).
Sistemi di selezione massale


Per mantenere la variabilità genetica nelle colture
agricole e la selezione massale che ne deriva, dobbiamo
distinguere le piante in base alla struttura genetica in:

1) Diploidi
2) Poliploidi
Sistemi di selezione massale: specie
                 diploidi


Per le specie diploidi (organismi con corredo
cromosomico delle cellule costituito da due coppie di
cromosomi omologhi), con cellule ad impollinazione
incrociata (entomofila o anemofila) come carota, cipolla,
cocomero, zucca e zucchina, il numero di piante
femminili deve essere costituito da un campione di 40
piante in modo da conservare tutti i geni che si trovano
in una percentuale maggiore del 10%. Per conservare
invece geni presenti in una percentuale più bassa del
10% si troverebbero coltivare almeno 100 individui.
Sistemi di selezione massale: specie
                poliploidi


Per le specie poliploidi (organismi con cellule che
presentano più di due corredi cromosomici completi) ad
impollinazione incrociata basta riprodurre poche piante
anche per salvare geni rari, ma in questo caso risulta
anche più difficile mantenere sia la qualità che il tipo
specifico. Invece per specie poliploidi ad
autofecondazione come pomodoro, peperone, fagiolo,
fava e pisello, sono in massima parte omozigoti
(organismi che presentano geni paterni e materni
identici) e quindi la raccolta del seme da pochi individui è
sufficiente a mantenere le caratteristiche genetiche.
Scelta delle piante


Le piante con caratteristiche esteriori non corrispondenti
ai caratteri varietali devono essere eliminate o separate
dalle altre in modo che non possano impollinare gli altri
fiori. Questo perché individui morfologicamente diversi
possono essere andati incontro a mutazioni genetiche
tali da portare a caratteristiche favorevoli, cioè indurre
caratteri migliorativi. Quindi se possibile tali soggetti
dovrebbero essere riprodotti isolatamente e le sementi
tenute separate. Invece le piante ammalate, colpite da
insetti, funghi, batteri e virus devono essere eradicate.
Scelta dei frutti


Fra gli agricoltori è consuetudine scegliere per la
produzione di semi, i frutti che si formano sul primo
palco di fruttificazione delle piante, specialmente per le
specie come il pisello, la fava, il pomodoro, la
melanzana e il peperone. Questo perché i frutti che si
formano nel primo palco producono semi con maggiore
energia germinativa e con minore tendenza
all'ibridazione rispetto ai frutti posti sui palchi più alti.
Raccolta dei semi


I metodi per la raccolta dei semi, sono principalmente di
due tipi a seconda se essi siano racchiusi in:

1) Frutti carnosi
2) Frutti secchi
Semi ricavati da frutti carnosi


Il processo di raccolta prevede una prima fase dove i
semi vengono asportati dal frutto e successivamente
lasciati fermentare con una parte dal succo della polpa
del frutto. Tale processo di fermentazione è utile per
distruggere una serie di agenti patogeni che possono
essere trasmessi nelle successive fasi di crescita della
pianta. Terminato il periodo di fermentazione, i semi
vanno poi lavati e separati dai residui di polpa. Lavando i
semi semplicemente con acqua, è possibile eliminare
anche i semi non vitali, perché essi tendono a
galleggiare.
Semi ricavati da frutti carnosi:
              essiccazione

Il processo finale prevede l'essiccazione del seme, ed è
importante che tale fase avvenga velocemente in modo
da impedire eventuali germinazioni o marcescenze. I
semi vanno distesi su una superficie idonea (ceramica,
vetro ecc.) evitando l'uso di carta, tessuti e plastica non
rigida, perché in questi casi è estremamente difficile
rimuovere i semi e questi poi devono essere rigirati più
volte al giorno. I semi dovranno poi essere asciugati
all'aria, evitando l'essiccazione in forno, perché possono
essere arrecati danni da temperature superiori ai 36 °C.
Anche un'esposizione diretta al sole può causare danni
qualora la temperatura dei semi superi i 36 °C.
Semi ricavati da frutti secchi

I semi delle leguminose (fagioli, ceci, piselli ecc.), delle
umbrellifere o apiacee (carote, prezzemolo, sedano ecc.) e delle
crucifere (cavoli, rape, ravanelli ecc.), vengono lasciati seccare
in campo se le condizioni climatiche lo consentono. Quando
sono maturi i frutti, le piante e le infruttescenze possono essere
raccolte e posti definitivamente a seccare in luoghi riparati prima
di procedere all'estrazione del seme. Per separare i semi dalle
altre parti vegetali secche, si può ricorrere all'uso di strumenti di
legno (correggiato), all'azione delle ruote gommate di un auto o
di un trattore, o più semplicemente utilizzando mani e piedi.
Successivamente le parti più fini possono essere separate dai
semi attraverso la vagliatura e la ventilazione.
Disinfezione dei semi


La disinfezione delle sementi è una pratica importante
per evitare di trasmettere e diffondere patogeni, come
funghi, batteri e virus alle generazioni successive. La
disinfezione delle sementi può essere eseguita mediante
in ricorso a:

A) Acqua calda (attraverso l’uso di una friggitrice, una
pentola e un termometro)
B) Sostanze disinfettanti
Vitalità di un seme


La vitalità dei semi è la caratteristica di un seme di
mantenere inalterate le sue funzioni fisiologiche nel
tempo. Tale vitalità può dipende sia dalle caratteristiche
intrinseche ed estrinseche (l’ambiente di coltivazione, la
temperatura e l’umidità) della specie.
Durata in anni di un seme


In base alla vitalità dei semi le specie erbacee possono
essere classificate:

1) A vita breve (circa 3 anni es. cicoria e lattuga)
2) A vita intermedia (circa 4 anni es. orzo, fagiolo, …
segale, frumento e farro)
3) A vita lunga (circa 5 anni e oltre es. cipolla, bietola,
cece, cocomero, melone, zucca e zucchina, carota,
lattuga, pomodoro, melanzana e mais).
La germinabilità dei semi


Per germinabilità si intende la probabilità in percentuale
che un seme vitale dia origine ad una nuova pianta. I
semi riprodotti a livello familiare conservano
maggiormente la loro germinabilità se sono ben asciutti
e se conservati in un contenitore a tenuta stagna. I due
più grandi nemici della conservazione delle sementi
sono il calore e l'umidità. Semi che vengono conservati
in ambienti dove sia la temperatura che l'umidità sono
molto fluttuanti, perdono le loro proprietà germinative in
breve tempo.
Conservazione dei semi


I contenitori migliori per la conservazione delle sementi,
sono quelli di vetro o i sacchetti usati per confezionare il
caffè che contengono una lamina metallica all'interno,
utile per preservare il prodotto dall'umidità con il
vantaggio inoltre di poter essere sigillati sottovuoto. Una
volta messi i semi all'interno del contenitore, è
importante applicare un'etichetta indicante la specie, la
varietà riprodotta e l'anno di produzione.
La legislazione sementiera: legge
                 1096/71


In Italia come in tutti i paesi della Comunità Europea,
l'impiego delle sementi è regolato dalla legge sementiera
1096 del 1971. La Legge istituisce anche il Registro
nazionale delle varietà, il quale a livello comunitario
confluisce nel Catalogo Comunitario delle varietà
vegetali. La legge sementiera, ormai applicata in tutti i
paesi aderenti, afferma che le sementi per essere
commercializzate è necessario che la varietà sia iscritta
al Registro Nazionale delle varietà o al Catalogo
Comunitario delle varietà.
La legge 1096/71: come avviene
          l’iscrizione delle sementi

Le varietà di cui si chiede l'iscrizione, devono possedere
delle caratteristiche ben precise, ossia devono essere:

A) Distinte tra di loro.

B) Stabili dal punto di vista genetico.

C) Sufficientemente omogenee.

D) Possedere un valore agronomico o di utilizzo
soddisfacente
La legge 1096/71: perché le varietà
       antiche sono state escluse?
Le varietà antiche, per la natura di come sono fatte, non
possono avere tutte queste caratteristiche
contemporaneamente. Questo perché le varietà antiche
posseggono un'ampia base genetica, la quale risulta
difficilmente superabile dal punto di vista agronomico nelle
rispettive zone d'origine della varietà, perché derivanti da
un processo di selezione semplice attuata dagli agricoltori
fin dalle epoche più antiche. Per questi motivi le varietà
locali, a causa di queste motivazioni pian piano nel corso
degli anni sono state abbandonate e soppiantate dalle
varietà moderne oggi prevalentemente vendute dalle
principali industrie sementiere e multinazionali del settore.
Cosa è successo dopo?

Verso la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90, quando il
processo di erosione genetica aveva ormai raggiunto livelli
drammatici e la perdita delle risorse genetiche cominciava
ad essere irreversibile, tutte le comunità internazionali
cominciarono ad interrogarsi sul problema riguardante il
recupero e la valorizzazione delle antiche varietà.
L'interrogativo iniziò ad emergere a seguito di una serie di
problemi di carattere biologico, climatico e fitosanitario che
cominciavano a manifestare le varietà moderne a seguito
anche ai grossi cambiamenti demografici ed economici che
tutto il Mondo stava subendo.
Il rinnovato interesse per le varietà
                  antiche

Le varietà moderne, eccellenza della ricerca e delle
Multinazionali, caratterizzate da una notevole
omogeneità ed uniformità genetica cominciarono a non
essere più adattabili ad un ambiente che in quegli anni
tendeva a modificarsi continuamente manifestandosi più
suscettibili alle malattie e agli stress ambientali.
Per questo si cominciò a ricercare nelle vecchie varietà
e nelle risorse genetiche, quei caratteri ereditari e
genetici che avrebbero permesso di superare queste
problematiche in un Mondo che stava attraversando dei
grossi cambiamenti.
La Convenzione della biodiversità del
                  1992
Il problema della salvaguardia della biodiversità, è stato
sollevato all'attenzione dell'opinione pubblica e della
comunità internazionale con la Convenzione sulla
Biodiversità, svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992. Essa
rappresenta il primo atto formale di impegno da parte di
tutti i paesi Firmatari per la tutela delle risorse genetiche
vegetali sul proprio territorio. Gli obbiettivi della
Convenzione si possono sintetizzate in 3 punti:

1) Conservazione della biodiversità.
2) Uso sostenibile delle risorse genetiche.
3) Ripartizione dei benefici derivante dalla sua
utilizzazione.
L’importanza della diversità biologica


La Convenzione sulla Biodiversità, sottolinea
l'importanza della diversità biologica per la
sopravvivenza dell'uomo e individua nell'uso durevole
dei suoi componenti uno dei obbiettivi principali che ogni
stato firmatario si impegna a svolgere attraverso delle
politiche interne di sviluppo. La Convenzione sulla
Biodiversità è stata firmata da 168 paesi, e di questi ad
oggi l'hanno ratificata in 158. In Italia la ratifica è
avvenuta con la Legge 124/1994.
Il Trattato delle Risorse Fitogenetiche del
                     2001

Alla Convenzione sulla Biodiversità, è seguita la stesura
di un altro documento internazionale di grande
importanza sia in termini di principi che di effetti sui
paesi firmatari. Si tratta del Trattato internazionale sulle
risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura
adottato nel corso della riunione della FAO tenutasi a
Roma il 3 novembre 2001. Questo documento, ratificato
dall'Italia con la Legge 101/2004 approfondisce il
contenuto della Convenzione sulla Biodiversità, trattando
in maniera specifica le sole varietà locali facenti parte
della storia agricola.
Le Leggi Regionali sulla tutela della
              biodiversità


Una delle conseguenze più immediate che si sono avute
a livello italiano, a seguito della ratifica del Trattato sulle
Risorse Fitogenetiche, è stata l'approvazione di alcuni
progetti nazionali e interregionali sulla biodiversità.
Alcune regioni italiane infatti si sono attivate attraverso
l'emanazione di specifiche leggi regionali volte alla tutela
delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario,
zootecnico e forestale.
Le regioni italiane con una legge di tutela
             della biodiversità

 A livello attuale sono 7 le regioni che hanno una propria legge
 Regione                 Legge               Descrizione
 Toscana                 50/1997 e 64/2004   “Tutela delle risorse genetiche autoctone” (1997), “Tutela e
                                             valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di
                                             interesse agrario, zootecnico e forestale” (2004).



 Lazio                   1/2001              “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse
                                             agrario”.
 Umbria                  25/2001             “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse
                                             agrario”.
 Friuli Venezia Giulia   11/2002             “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario
                                             e forestale”.
 Marche                  12/2003             “Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio
                                             marchigiano”.
 Emilia - Romagna        1/2008              “Tutela del patrimonio di razze e varietà locali di interesse
                                             agrario del territorio emiliano – romagnolo”.

 Basilicata              26/2008             “Tutela delle risorse genetiche autoctone vegetali ed animali
                                             di interesse agrario”.
L’esempio della Toscana

La regione Toscana è stata la prima ad emanare una
legge a difesa della biodiversità promulgando una
normativa sulla Tutela delle risorse genetiche autoctone
(L.R. 50/1997). Dopo 7 anni di attività in questo ambito, è
stato necessario ancora di più rafforzare l'attività di
salvaguardia della biodiversità, ed è per questo che la
regione Toscana è riuscita a promulgare un'altra legge che
rafforza e sostituisce la precedente, introducendo anche il
concetto di valorizzazione delle varietà antiche. Per questo
siamo arrivati alla costituzione della Legge Regionale
64/2004 “Tutela e Valorizzazione del patrimonio di razze e
varietà locali, d'interesse Agrario, Zootecnico e Forestale”.
Gli strumenti di salvaguardia e
        valorizzazione della biodiversità
Il sistema regionale in cui si articola la legge, prevede due tipi
d'intervento, di cui uno indirizzato verso la tutela e l'altro indirizzato
verso la valorizzazione del patrimonio genetico locale.
In favore della tutela delle razze e varietà locali, la legge regionale, ha
previsto 4 strumenti collegati tra loro:

1) Il Repertorio Regionale.
2) La Banca Regionale del Germoplasma (per la conservazione ex
….situ).
3) I Coltivatori Custodi (per la conservazione in situ).
4) La Rete di Conservazione e Sicurezza.

In favore invece della valorizzazione delle razze e varietà locali, la
legge regionale, ha previsto 1 strumento molto importante:
1) Il Contrassegno Regionale
Le varietà da Conservazione

Con il termine di Varietà da Conservazione (introdotto nel 1998), si
intendono tutte le varietà adatte alle condizioni locali e regionali,
minacciate dal rischio d'estinzione per cui esiste un interesse alla
commercializzazione delle sementi.
Per questo possiamo affermare che il termine Varietà da
Conservazione è sinonimo di varietà locale a rischio d'estinzione. La
stessa Comunità Europea inoltre ha introdotto la possibilità d'iscrizione
delle Varietà da Conservazione in un'apposita sezione del Registro
nazionale delle varietà o del Catalogo Comunitario Europeo,
rendendone di fatto possibile la loro commercializzazione. Questa
possibilità d'iscrizione molto importante per la salvaguardia della
diversità genetica, ha incontrato molti ostacoli in fase di attuazione,
attribuibili alla mancanza di norme tecniche chiare e condivise.
Il Registro Regionale delle Varietà da
            Conservazione


Tuttavia mentre la Comunità Europea, si stava
dibattendo su come iscrivere le varietà da
conservazione al Registro delle varietà vegetali, la
Regione Toscana, in seguito alla mancanza di una
normativa specifica per quanto riguarda tali varietà, e
dovendo affrontare nell'ambito del territorio tutte le
problematiche legate alla conservazione delle varietà
antiche, introdusse uno strumento estremamente
innovativo, culminato nella stesura del Registro
Regionale delle Varietà da Conservazione.
Cosa prevedeva e perché è stato
                eliminato?
La legge Toscana, cercò di collocare il Registro delle
Varietà da Conservazione, nell'ambito della normativa
nazionale e comunitaria già esistente, ma con dei punti di
forza in più che sono: il Repertorio Regionale, I Coltivatori
Custodi, la Banca Regionale del Germoplasma e la Rete di
Conservazione e Sicurezza.
Tuttavia però in fase di redazione del regolamento di
attuazione della legge regionale 64/2004, l'art. 10 sul
registro regionale delle varietà da conservazione è stato
stralciato in quanto nel frattempo furono emanate due
Direttive comunitarie sulla possibilità di iscrivere le varietà
da conservazione ai Registri per le varietà da
conservazione.
Il Registro delle Varietà da
                   Conservazione

Secondo queste 2 Direttive, le varietà da conservazione, per essere
iscritte al registro delle varietà da conservazione devono seguire una
procedura di accettazione ufficiale la quale deve tener conto di
specifiche caratteristiche ed esigenze qualitative. In particolare si tiene
conto dei risultati di valutazioni non ufficiali e delle conoscenze
acquisite con l'esperienza pratica durante la coltivazione, la
riproduzione e l'impiego e anche una serie di descrizioni dettagliate
delle varietà e dei loro nomi comuni, così come sono stati notificati
dagli Stati Membri. Da queste definizioni si evince chiaramente che le
varietà da conservazione a livello normativo non possono per loro
natura rispondere in maniera completa ai requisiti richiesti dalle
comuni varietà agrarie. Per questo occorre fare alcune deroghe sulla
loro omogeneità genetica e sul loro valore agronomico.
La Direttiva CE 62/2008 sul Registro delle
varietà da conservazione per le specie agrarie


Questa direttiva è stata recepita dallo stato italiano con il
Dlgs 149 del 29 ottobre 2009, e riguarda principalmente
le varietà di specie agrarie (frumento, orzo, segale,
mais, patata, foraggere, piante tintoree ecc.). In Italia
sono ben 9 le varietà da conservazione di specie agrarie
(in particolare mais) iscritte al registro omonimo.
La Direttiva CE 145/2009 sul Registro delle
varietà da conservazione per le specie ortive


Questa direttiva è stata invece recepita dallo stato
italiano con il Dlgs 267/2010 e riguarda principalmente le
varietà di specie ortive (fagiolo, cece, pisello, pomodoro,
melanzana, peperone, cocomero, melone, zucchina,
zucca, cavolo, bietola, aglio, cipolla, cicoria, lattuga,
carota, zafferano ecc.). In Italia sono ben 8 le varietà da
conservazione di specie ortive iscritte al registro
omonimo.
Cosa manca ancora a livello legislativo?


Quello che ancora manca a livello italiano (come stato
membro dell'Unione Europea) è il decreto attuativo che
permetterebbe di attuare e regolare la
commercializzazione delle sementi antiche, secondo
quanto previsto dall'Art. 19-bis della legge sementiera
1096/71. La mancanza di questo decreto, tende ha
bloccare attualmente la loro commercializzazione ma
non l'iscrizione al Registro delle Varietà da
Conservazione e l'eventuale scambio gratuito tra gli
agricoltori
Il caso Kokopelli e la sentenza del 12
               luglio 2012

La recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del
12 luglio 2012, avviata a seguito della causa in Francia tra la ditta
sementiera Baumaux e l'associazione Kokopelli, evidenzia
chiaramente due fatti tra di loro molto importanti. Se da un lato per
poter commercializzare le sementi, occorre iscriverle al Registro
Varietale (così come è sancito dall'obbligo imposto dalla legge
sementiera), dall'altra si evidenzia come l'attuale normativa europea
sulle sementi, compresa anche quella che disciplina le Varietà da
Conservazione non sia più sufficiente a rappresentare l'evoluzione
rapida che c'è stata negli ultimi anni in agricoltura da parte dei
coltivatori, dei ricercatori, dei tecnici, delle comunità e delle istituzioni
nei diversi territori per il recupero e la valorizzazione delle sementi
tradizionali.
Prospettive future


Gli interventi che possono essere messi in atto
attualmente al fine di sbloccare questo stallo legislativo
e di conseguenza permettere di nuovo la diffusione delle
sementi antiche, si possono individuare sia in interventi
di carattere istituzionale e pubblico e interventi di natura
privata da parte degli agricoltori o comunque delle
comunità locali.
Interventi di carattere istituzionale e
                    pubblico
Tra gli interventi di carattere istituzionale e pubblico ricordiamo:

1) Il rafforzamento della Rete di Conservazione e Sicurezza.
2) Favorire a livello italiano la legge per la tutela della biodiversità.
3) Iscrivere le Varietà da Conservazione al registro.

La registrazione risulta:
a) Gratuita a costo 0 e con pochi mesi di attesa.
b) Può essere fatta da qualsiasi agricoltore o associazione, purché venga …
allegata alla domanda d'iscrizione una descrizione botanica, storica e …
bibliografica delle varietà tradizionale in oggetto.
c) Lo scambio delle sementi resta comunque garantito, perché se non si …
vendono non si entra nel campo di applicazione della legge.
d) L'iscrizione non determina la brevettazione della varietà (perché le varietà
….locali sono di dominio pubblico), ma implica dei controlli di natura biologica
…(germinabilità e vitalità dei semi), qualitativa e fitosanitaria.
4) Favorire l'applicazione dell'Art 19-bis della Legge Sementiera 1096/71
Interventi di natura privata


Infine tra gli interventi di natura privata o da parte delle
comunità locali ricordiamo:

1) Incrementare i circuiti locali di produzione e consumo
…e di vendita attraverso la filiera corta.
2) Incentivare le iniziative di scambio delle sementi
3) Favorire l'autoriproduzione delle sementi tradizionali

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L'autoriproduzione dei semi antichi

  • 1. L’autoriproduzione dei semi antichi Habitat Ecovillaggio, Gambassi Terme (FI) 10 marzo 2013 Testi e relazione a cura del Dott. Di Gioia Fabio laureato in scienze e tecnologie agrarie presso la Facoltà d'Agraria di Firenze Progetto grafico e immagini di Samuele Pesce
  • 2. Cosa sono le varietà locali di specie erbacee? Con il termine di varietà locale si intendono tutte quelle varietà che essendosi evolute in un periodo di tempo molto ampio, hanno solitamente un'elevata variabilità genetica specialmente quando sono mantenute nella loro zona di origine e vengono coltivate attraverso tecniche agricole tradizionali.
  • 3. Come si sono evolute nei secoli le varietà locali? Le varietà locali di specie erbacee si sono evolute nei secoli secondo 2 modalità: 1) In base alle condizioni ambientali (clima, terreno, tipo di coltura, . presenza di parassiti ecc.) 2) In maniera consapevole o inconsapevole da parte dell'uomo. a) In maniera consapevole era l'agricoltore che poteva scegliere . per la riproduzione le piante migliori. b) In maniera inconsapevole l’evoluzione poteva essere il risultato di pratiche agricole (tempo di semina o di raccolta), le quali potevano favorire all'interno della popolazione la scelta soltanto di alcuni individui.
  • 4. La riproduzione delle specie erbacee La maggior parte delle piante erbacee si riproduce per seme, mentre soltanto una piccola parte di esse si riproduce per via vegetativa (patata, aglio e zafferano).
  • 5. Come avviene il passaggio dalla fase vegetativa a quella riproduttiva Alcune specie che si riproducono per seme possono passare dalla fase vegetativa (in cui producono foglie e rami) a quella riproduttiva (in cui producono fiori e frutti), senza la necessità che particolari stimoli esterni e ambientali inducano cambiamenti fisiologici al loro interno. Altre specie invece esigono di particolari condizioni di fotoperiodo (lunghezza del giorno) e di vernalizzazione (periodo di freddo) per poter passare dalla fase vegetativa a quella produttiva.
  • 6. Il fotoperiodo Con il termine di fotoperiodo, si intende la lunghezza e l'intensità del periodo di luce giornaliero che alcune piante richiedono per poter produrre fiori e frutti.
  • 7. Classificazione delle piante in base al fotoperiodo In base al fotoperiodo le piante possono essere classificate in 3 gruppi diversi 1) PIANTE LONGIDIURNE O A GIORNO LUNGO. Sono piante che fioriscono in periodi dell'anno in cui le ore di luce superano quelle di buio. Per questo le piante longidiurne sono anche brevinotturne (Es. frumento, alcune varietà di cipolla, cicoria e alcune varietà di lattuga). 2) PIANTE BREVIDIURNE O A GIORNO CORTO. Sono piante che fioriscono in periodi dell'anno in cui le ore di buio superano quelle di luce. Per questo le piante brevidiurne sono anche longinotturne (Es. alcune varietà di cipolla). 3) PIANTE NEUTRODIURNE O A GIORNO INDIFFERENTE. Sono piante in cui la fioritura è indipendente dal numero di ore di luce (La maggior parte delle specie erbacee).
  • 8. La vernalizzazione Con il termine di vernalizzazione, si intende quel periodo di freddo in cui alcune specie vegetali devono essere sottoposte per poter produrre fiori e frutti. Tra le specie che hanno bisogno di un fabbisogno in freddo ricordiamo le piante biennali (sedani, prezzemolo, cavoli ecc.), ossia piante che producono foglie e rami al 1° anno di vita e fiori e frutti al 2° anno di vita. In altre specie vegetali addirittura la vernalizzazione può operare uno stimolo a fiore, già a livello delle prime fasi di germinazione del seme (cicoria e lattuga), mentre altre (frumento, orzo, farro e segale), necessitano di uno sviluppo di avanzato della piante affinché il freddo possa esplicare la sua azione.
  • 9. Produzione delle sementi La produzione delle sementi può essere fatta essenzialmente attraverso due sistemi: 1)L’acquisto 2) L’autoriproduzione e la successiva raccolta del seme direttamente dalle piante coltivate in azienda.
  • 10. L’acquisto delle sementi Le sementi che vengono acquistate, possono essere riprodotte con successo dai coltivatori specialmente se queste risultano varietà ad impollinazione libera o incrociata al fine di ottenere sementi definite ibride. Le varietà ibride di solito si ottengono dall'incrocio di varietà (linee) sottoposte ad autofecondazione. I semi riprodotti da varietà ibride producono piante con caratteristiche molto diverse da quelle tipiche della varietà ibrida originaria
  • 11. L’autoriproduzione delle sementi L’autoriproduzione delle sementi invece è stata quella tecnica riproduttiva che fin da secoli più antichi, ossia dalla nascita dell'agricoltura nell'epoca neolitica fino ad oggi, ha permesso di propagare le varietà locali di specie erbacee. Questa tecnica riproduttiva, consiste principalmente nel fare crescere una pianta, dalla cui raccolta del seme fatto direttamente in azienda, è possibile ottenere del materiale riproduttivo da utilizzare l'anno successivo e riprodurlo all'infinito.
  • 12. Motivi dell’autoriproduzione delle sementi I motivi che possono spingere i coltivatori al mantenimento e alla selezione delle specie e varietà vegetali che normalmente coltivano in azienda possono dipendere: A) Dal mercato locale che richiede prodotti particolari (es. Fagiolo Zolfino, Cavolo Nero Fiorentino, Fagiola Fiorentina, Zucchina Fiorentina, Melanzana Violetta Fiorentina, Pomodoro Costoluto Fiorentino, Pomodoro Canestrino di Lucca ecc.). B) Dal mantener vive alcune abitudini alimentari (emigranti provenienti dal Sud d'Italia, che continuano a coltivare le varietà tipiche dei loro luoghi d'origine). C) Per ragioni economiche (evitare l'acquisto di sementi, evitare eccessive spese aziendali). D) Per ragioni di pura conservazione che consistono nell'interesse a svolgere un lavoro di recupero e di riproduzione di specie e varietà vegetali a rischio d'estinzione.
  • 13. Tecniche d’isolamento Per non perdere la purezza del seme e le caratteristiche di una determinata varietà, è necessario che attraverso la riproduzione i genitori e i figli, abbiano le stesse caratteristiche esteriori corrispondenti. Per ottenere questo occorre evitare che sulla pianta portaseme (femminile), giunga polline di altre varietà il quale determinerebbe un incrocio di vari caratteri e la conseguente perdita delle caratteristiche peculiari della varietà in oggetto. Per scongiurare eventuali fenomeni d'ibridazione, possono essere adottate tecniche d'isolamento opportune
  • 14. Le principali tecniche d’isolamento A) ISOLAMENTO NELLO SPAZIO B) ISOLAMENTO NEL TEMPO C) ISOLAMENTO MECCANICO D) ISOLAMENTO DI SINGOLE PIANTE E) ISOLAMENTO DI UN GRUPPO DI PIANTE F) ISOLAMENTO CON INTRODUZIONE D'INSETTI ….IMPOLLINATORI G) FORMA DELLA PARCELLA CHE OSPITA LE PIANTE PORTASEME H) TECNICHE D'IMPOLLINAZIONE MANUALE
  • 15. Isolamento nello spazio Incroci tra varietà diverse possono essere evitati mantenendo queste separate ad una distanza abbastanza elevata tale da prevenire contaminazioni dovute all'attività impollinatrice degli insetti o del vento. Quando si parla di isolamento spaziale bisogna tener conto anche delle varietà coltivate negli orti o nei giardini dei vicini. Occorre inoltre essere certi che nella zona, almeno entro un certo raggio, non siano presenti specie e varietà indesiderate.
  • 16. Isolamento nello spazio: distanza tra le varie specie La distanza da adottare varia da specie a specie ma anche in base alla tipologia della zona di riproduzione variando a sua volta a seguito di molti fattori come: A) La dimensione della pianta femminile B) La densità degli impollinatori C) La presenza di fonti alimentari alternative per gli ….impollinatori D) L'esistenza di barriere geografiche, vegetazionali e ambientali
  • 17. Isolamento nello spazio: accorgimenti da adottare La distanza tra diverse varietà deve tener conto anche di diverse componenti come: 1) Il tipo d'impollinazione della pianta (autoimpollinazione o impollinazione incrociata). 2) Il vettore del polline (insetti o vento). Inoltre per varietà che hanno caratteristiche morfologiche diverse (es: fagioli con fiori bianchi e fagioli con fiori rossi, oppure peperoni dolci e piccanti), la distanza deve essere maggiore di quella richiesta per varietà simili (due varietà di fagioli con fiori bianchi e due varietà di peperoni piccanti). Mentre nel caso in cui si raccolgano semi sviluppati da frutti di piante poste al centro e non ai margini della coltura, la distanza può essere ridotta.
  • 18. Isolamento nel tempo Molto spesso varietà della stessa specie possono fiorire in epoche leggermente spostate nel tempo. Questa situazione può essere dovuta a fattori genetici (es cavolo primaticcio e tardivo o differenti tipi di cipolla), oppure può essere ottenuta anticipando o posticipando le epoche di semina o di trapianto in modo tale che varietà della stessa specie, pur essendo coltivate vicine le une dalle altre, fioriscono in maniera asincrona così da evitare gli scambi di polline tra varietà diverse. Tra le specie che possono essere isolate nel tempo possiamo ricordare il mais, la cicoria e la lattuga.
  • 19. Isolamento nel tempo: separazione temporale Due varietà con epoche di fioritura vicine o sovrapposte possono essere isolate nel tempo quando la stagione e il clima della zona non permettono le semine con almeno 4 settimane d'intervallo. Tuttavia condizioni climatiche avverse nel periodo primaverile-autunnale possono causare disformità di crescita e fioritura di varietà diverse, annullando di conseguenza l'intervallo delle epoche di fioritura.
  • 20. Isolamento meccanico L'isolamento meccanico si basa sull'utilizzazione di barriere artificiali (serre, tunnel e reti) o di isolatori per singole piante fatti di materiale idoneo (tessuto non tessuto, garze, sacchetti di plastica ecc.), che scongiurano l'accesso ai fiori di polline proveniente dall'esterno.
  • 21. Isolamento di singole piante Con questa tecnica si tende a separare gli organi riproduttivi della pianta. Solitamente questa tecnica viene utilizzata con piante ad autoimpollinazione per evitare eventuali incroci di pollini estranei, per eseguire incroci, nel caso del mais, o per evitare ibridazioni. Questa operazione può essere svolta ricorrendo a buste di carta, tessuto non tessuto, tela grezza ecc. E' consigliabile evitare l'uso di buste di nylon o altro materiale che non consenta la traspirazione della pianta.
  • 22. Isolamento di un gruppo di piante Per effettuare questo tipo d'isolamento occorre costruire un telaio in metallo, legno o plastica, rivestito di rete bianca, anche di materiale sintetico, che non consenta il passaggio d'insetti o del polline trasportato dal vento e non riduca troppo la luminosità all'interno della struttura, pur consentendo il passaggio dell'aria, dell'acqua e della luce. Gli isolatori per singole piante o per gruppi di piante, devono essere spostati appena possibile (a fecondazione avvenuta), per consentire la maturazione all'aperto dei frutti appena formati.
  • 23. Isolamento di un gruppo di piante: tipi di isolatori Gli isolatori possono essere: 1) Fissi 2) Mobili
  • 24. Isolamento di un gruppo di piante: isolatori mobili Si ricorre ad un isolatore mobile quando si devono isolare due varietà a fioritura contemporanea che necessitano dell'azione d'insetti per l'impollinazione e lo si utilizza a giorni alterni per le singole varietà. Questo sistema tuttavia può causare una riduzione della produzione del seme, perché l'impollinazione non avviene in maniera costante. L'alternanza degli isolatori deve proseguire fino a che non si è formato un sufficiente numero di frutti o fino alla fine della fioritura.
  • 25. Isolamento con introduzione d’insetti impollinatori Per quanto riguarda questo tipo d'isolamento, ricordiamo che i migliori insetti impollinatori sono le api e i bombi, anche se per situazioni di confinamento in volumi ridotti si può ricorre con minori problemi all'uso di mosche che sono più disponibili e facilmente manipolabili.
  • 26. Isolamento con introduzione d’insetti impollinatori: reperibilità Le mosche possono essere acquistate allo stadio larvale come esche per i pescatori. Nell'isolatore vanno introdotte le mosche adulte che possono essere catturate attraendole con dei pezzetti di carne. Le mosche adulte a differenza delle larve che si nutrono di carne sono glicifaghe cioè si alimentano di sostanze zuccherine che possono trovare nei fiori, favorendo di conseguenza l'impollinazione. La loro vita è molto breve e ogni 3-4 giorni e per questo devono essere sostituite. Anche i bombi possono essere acquistati e utilizzati per l'impollinazione delle colture in serra. Tuttavia al pari delle api per sopravvivere essi hanno bisogno della presenza dell'intera colonia d'appartenenza, completa di regina e di adeguate scorte di polline e miele.
  • 27. Forma della parcella che ospita le piante portaseme Se si verificano delle contaminazioni di polline estraneo per l'azione del vento o degli insetti, è più probabile che questo avvenga lungo il perimetro della parcella che ospite la pianta riproduttrice. Quindi se ad una parcella di piante madri si cerca di dare una forma quadrata, si riduce notevolmente la possibilità che la parte più interna venga raggiunta da polline estraneo.
  • 28. Tecniche d’impollinazione manuale Le tecniche d'impollinazione manuale vengono usate principalmente per specie ad impollinazione entomofila, ma possono essere usate anche per specie ad impollinazione anemofila come il mais. La tecnica d'impollinazione manuale prevede il trasporto di polline incontaminato da un fiore maschile ad un fiore femminile recettivo e precedentemente aperto. Dopo che l'impollinazione manuale è stata effettuata, il fiore va protetto da possibili contaminazioni di pollini esterni.
  • 29. La selezione massale La selezione massale operata dall'uomo dipende da molti fattori legati alle condizioni ambientali e sociali. In generale questo tipo di selezione deve favorire quelle piante che presentano maggior vigore germinativo e produttivo, produttività, resistenza e/o tolleranza ai parassiti e agli stress ambientali (siccità, freddo, caldo ecc.).
  • 30. La selezione massale e la selezione artificiale Dal punto di vista tecnico, la selezione massale a differenza della selezione artificiale operata dall'uomo, permette di mantenere intatta la variabilità genetica degli individui riprodotti. Questo perché con tale tecnica, non si opera una scelta dei caratteri da selezionare all'interno della varietà (selezione artificiale), ma bensì una scelta delle varietà migliori mantenendo di conseguenza inalterata la struttura genetica dell'individuo (selezione massale).
  • 31. Sistemi di selezione massale Per mantenere la variabilità genetica nelle colture agricole e la selezione massale che ne deriva, dobbiamo distinguere le piante in base alla struttura genetica in: 1) Diploidi 2) Poliploidi
  • 32. Sistemi di selezione massale: specie diploidi Per le specie diploidi (organismi con corredo cromosomico delle cellule costituito da due coppie di cromosomi omologhi), con cellule ad impollinazione incrociata (entomofila o anemofila) come carota, cipolla, cocomero, zucca e zucchina, il numero di piante femminili deve essere costituito da un campione di 40 piante in modo da conservare tutti i geni che si trovano in una percentuale maggiore del 10%. Per conservare invece geni presenti in una percentuale più bassa del 10% si troverebbero coltivare almeno 100 individui.
  • 33. Sistemi di selezione massale: specie poliploidi Per le specie poliploidi (organismi con cellule che presentano più di due corredi cromosomici completi) ad impollinazione incrociata basta riprodurre poche piante anche per salvare geni rari, ma in questo caso risulta anche più difficile mantenere sia la qualità che il tipo specifico. Invece per specie poliploidi ad autofecondazione come pomodoro, peperone, fagiolo, fava e pisello, sono in massima parte omozigoti (organismi che presentano geni paterni e materni identici) e quindi la raccolta del seme da pochi individui è sufficiente a mantenere le caratteristiche genetiche.
  • 34. Scelta delle piante Le piante con caratteristiche esteriori non corrispondenti ai caratteri varietali devono essere eliminate o separate dalle altre in modo che non possano impollinare gli altri fiori. Questo perché individui morfologicamente diversi possono essere andati incontro a mutazioni genetiche tali da portare a caratteristiche favorevoli, cioè indurre caratteri migliorativi. Quindi se possibile tali soggetti dovrebbero essere riprodotti isolatamente e le sementi tenute separate. Invece le piante ammalate, colpite da insetti, funghi, batteri e virus devono essere eradicate.
  • 35. Scelta dei frutti Fra gli agricoltori è consuetudine scegliere per la produzione di semi, i frutti che si formano sul primo palco di fruttificazione delle piante, specialmente per le specie come il pisello, la fava, il pomodoro, la melanzana e il peperone. Questo perché i frutti che si formano nel primo palco producono semi con maggiore energia germinativa e con minore tendenza all'ibridazione rispetto ai frutti posti sui palchi più alti.
  • 36. Raccolta dei semi I metodi per la raccolta dei semi, sono principalmente di due tipi a seconda se essi siano racchiusi in: 1) Frutti carnosi 2) Frutti secchi
  • 37. Semi ricavati da frutti carnosi Il processo di raccolta prevede una prima fase dove i semi vengono asportati dal frutto e successivamente lasciati fermentare con una parte dal succo della polpa del frutto. Tale processo di fermentazione è utile per distruggere una serie di agenti patogeni che possono essere trasmessi nelle successive fasi di crescita della pianta. Terminato il periodo di fermentazione, i semi vanno poi lavati e separati dai residui di polpa. Lavando i semi semplicemente con acqua, è possibile eliminare anche i semi non vitali, perché essi tendono a galleggiare.
  • 38. Semi ricavati da frutti carnosi: essiccazione Il processo finale prevede l'essiccazione del seme, ed è importante che tale fase avvenga velocemente in modo da impedire eventuali germinazioni o marcescenze. I semi vanno distesi su una superficie idonea (ceramica, vetro ecc.) evitando l'uso di carta, tessuti e plastica non rigida, perché in questi casi è estremamente difficile rimuovere i semi e questi poi devono essere rigirati più volte al giorno. I semi dovranno poi essere asciugati all'aria, evitando l'essiccazione in forno, perché possono essere arrecati danni da temperature superiori ai 36 °C. Anche un'esposizione diretta al sole può causare danni qualora la temperatura dei semi superi i 36 °C.
  • 39. Semi ricavati da frutti secchi I semi delle leguminose (fagioli, ceci, piselli ecc.), delle umbrellifere o apiacee (carote, prezzemolo, sedano ecc.) e delle crucifere (cavoli, rape, ravanelli ecc.), vengono lasciati seccare in campo se le condizioni climatiche lo consentono. Quando sono maturi i frutti, le piante e le infruttescenze possono essere raccolte e posti definitivamente a seccare in luoghi riparati prima di procedere all'estrazione del seme. Per separare i semi dalle altre parti vegetali secche, si può ricorrere all'uso di strumenti di legno (correggiato), all'azione delle ruote gommate di un auto o di un trattore, o più semplicemente utilizzando mani e piedi. Successivamente le parti più fini possono essere separate dai semi attraverso la vagliatura e la ventilazione.
  • 40. Disinfezione dei semi La disinfezione delle sementi è una pratica importante per evitare di trasmettere e diffondere patogeni, come funghi, batteri e virus alle generazioni successive. La disinfezione delle sementi può essere eseguita mediante in ricorso a: A) Acqua calda (attraverso l’uso di una friggitrice, una pentola e un termometro) B) Sostanze disinfettanti
  • 41. Vitalità di un seme La vitalità dei semi è la caratteristica di un seme di mantenere inalterate le sue funzioni fisiologiche nel tempo. Tale vitalità può dipende sia dalle caratteristiche intrinseche ed estrinseche (l’ambiente di coltivazione, la temperatura e l’umidità) della specie.
  • 42. Durata in anni di un seme In base alla vitalità dei semi le specie erbacee possono essere classificate: 1) A vita breve (circa 3 anni es. cicoria e lattuga) 2) A vita intermedia (circa 4 anni es. orzo, fagiolo, … segale, frumento e farro) 3) A vita lunga (circa 5 anni e oltre es. cipolla, bietola, cece, cocomero, melone, zucca e zucchina, carota, lattuga, pomodoro, melanzana e mais).
  • 43. La germinabilità dei semi Per germinabilità si intende la probabilità in percentuale che un seme vitale dia origine ad una nuova pianta. I semi riprodotti a livello familiare conservano maggiormente la loro germinabilità se sono ben asciutti e se conservati in un contenitore a tenuta stagna. I due più grandi nemici della conservazione delle sementi sono il calore e l'umidità. Semi che vengono conservati in ambienti dove sia la temperatura che l'umidità sono molto fluttuanti, perdono le loro proprietà germinative in breve tempo.
  • 44. Conservazione dei semi I contenitori migliori per la conservazione delle sementi, sono quelli di vetro o i sacchetti usati per confezionare il caffè che contengono una lamina metallica all'interno, utile per preservare il prodotto dall'umidità con il vantaggio inoltre di poter essere sigillati sottovuoto. Una volta messi i semi all'interno del contenitore, è importante applicare un'etichetta indicante la specie, la varietà riprodotta e l'anno di produzione.
  • 45. La legislazione sementiera: legge 1096/71 In Italia come in tutti i paesi della Comunità Europea, l'impiego delle sementi è regolato dalla legge sementiera 1096 del 1971. La Legge istituisce anche il Registro nazionale delle varietà, il quale a livello comunitario confluisce nel Catalogo Comunitario delle varietà vegetali. La legge sementiera, ormai applicata in tutti i paesi aderenti, afferma che le sementi per essere commercializzate è necessario che la varietà sia iscritta al Registro Nazionale delle varietà o al Catalogo Comunitario delle varietà.
  • 46. La legge 1096/71: come avviene l’iscrizione delle sementi Le varietà di cui si chiede l'iscrizione, devono possedere delle caratteristiche ben precise, ossia devono essere: A) Distinte tra di loro. B) Stabili dal punto di vista genetico. C) Sufficientemente omogenee. D) Possedere un valore agronomico o di utilizzo soddisfacente
  • 47. La legge 1096/71: perché le varietà antiche sono state escluse? Le varietà antiche, per la natura di come sono fatte, non possono avere tutte queste caratteristiche contemporaneamente. Questo perché le varietà antiche posseggono un'ampia base genetica, la quale risulta difficilmente superabile dal punto di vista agronomico nelle rispettive zone d'origine della varietà, perché derivanti da un processo di selezione semplice attuata dagli agricoltori fin dalle epoche più antiche. Per questi motivi le varietà locali, a causa di queste motivazioni pian piano nel corso degli anni sono state abbandonate e soppiantate dalle varietà moderne oggi prevalentemente vendute dalle principali industrie sementiere e multinazionali del settore.
  • 48. Cosa è successo dopo? Verso la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90, quando il processo di erosione genetica aveva ormai raggiunto livelli drammatici e la perdita delle risorse genetiche cominciava ad essere irreversibile, tutte le comunità internazionali cominciarono ad interrogarsi sul problema riguardante il recupero e la valorizzazione delle antiche varietà. L'interrogativo iniziò ad emergere a seguito di una serie di problemi di carattere biologico, climatico e fitosanitario che cominciavano a manifestare le varietà moderne a seguito anche ai grossi cambiamenti demografici ed economici che tutto il Mondo stava subendo.
  • 49. Il rinnovato interesse per le varietà antiche Le varietà moderne, eccellenza della ricerca e delle Multinazionali, caratterizzate da una notevole omogeneità ed uniformità genetica cominciarono a non essere più adattabili ad un ambiente che in quegli anni tendeva a modificarsi continuamente manifestandosi più suscettibili alle malattie e agli stress ambientali. Per questo si cominciò a ricercare nelle vecchie varietà e nelle risorse genetiche, quei caratteri ereditari e genetici che avrebbero permesso di superare queste problematiche in un Mondo che stava attraversando dei grossi cambiamenti.
  • 50. La Convenzione della biodiversità del 1992 Il problema della salvaguardia della biodiversità, è stato sollevato all'attenzione dell'opinione pubblica e della comunità internazionale con la Convenzione sulla Biodiversità, svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992. Essa rappresenta il primo atto formale di impegno da parte di tutti i paesi Firmatari per la tutela delle risorse genetiche vegetali sul proprio territorio. Gli obbiettivi della Convenzione si possono sintetizzate in 3 punti: 1) Conservazione della biodiversità. 2) Uso sostenibile delle risorse genetiche. 3) Ripartizione dei benefici derivante dalla sua utilizzazione.
  • 51. L’importanza della diversità biologica La Convenzione sulla Biodiversità, sottolinea l'importanza della diversità biologica per la sopravvivenza dell'uomo e individua nell'uso durevole dei suoi componenti uno dei obbiettivi principali che ogni stato firmatario si impegna a svolgere attraverso delle politiche interne di sviluppo. La Convenzione sulla Biodiversità è stata firmata da 168 paesi, e di questi ad oggi l'hanno ratificata in 158. In Italia la ratifica è avvenuta con la Legge 124/1994.
  • 52. Il Trattato delle Risorse Fitogenetiche del 2001 Alla Convenzione sulla Biodiversità, è seguita la stesura di un altro documento internazionale di grande importanza sia in termini di principi che di effetti sui paesi firmatari. Si tratta del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura adottato nel corso della riunione della FAO tenutasi a Roma il 3 novembre 2001. Questo documento, ratificato dall'Italia con la Legge 101/2004 approfondisce il contenuto della Convenzione sulla Biodiversità, trattando in maniera specifica le sole varietà locali facenti parte della storia agricola.
  • 53. Le Leggi Regionali sulla tutela della biodiversità Una delle conseguenze più immediate che si sono avute a livello italiano, a seguito della ratifica del Trattato sulle Risorse Fitogenetiche, è stata l'approvazione di alcuni progetti nazionali e interregionali sulla biodiversità. Alcune regioni italiane infatti si sono attivate attraverso l'emanazione di specifiche leggi regionali volte alla tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario, zootecnico e forestale.
  • 54. Le regioni italiane con una legge di tutela della biodiversità A livello attuale sono 7 le regioni che hanno una propria legge Regione Legge Descrizione Toscana 50/1997 e 64/2004 “Tutela delle risorse genetiche autoctone” (1997), “Tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale” (2004). Lazio 1/2001 “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario”. Umbria 25/2001 “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario”. Friuli Venezia Giulia 11/2002 “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario e forestale”. Marche 12/2003 “Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano”. Emilia - Romagna 1/2008 “Tutela del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario del territorio emiliano – romagnolo”. Basilicata 26/2008 “Tutela delle risorse genetiche autoctone vegetali ed animali di interesse agrario”.
  • 55. L’esempio della Toscana La regione Toscana è stata la prima ad emanare una legge a difesa della biodiversità promulgando una normativa sulla Tutela delle risorse genetiche autoctone (L.R. 50/1997). Dopo 7 anni di attività in questo ambito, è stato necessario ancora di più rafforzare l'attività di salvaguardia della biodiversità, ed è per questo che la regione Toscana è riuscita a promulgare un'altra legge che rafforza e sostituisce la precedente, introducendo anche il concetto di valorizzazione delle varietà antiche. Per questo siamo arrivati alla costituzione della Legge Regionale 64/2004 “Tutela e Valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali, d'interesse Agrario, Zootecnico e Forestale”.
  • 56. Gli strumenti di salvaguardia e valorizzazione della biodiversità Il sistema regionale in cui si articola la legge, prevede due tipi d'intervento, di cui uno indirizzato verso la tutela e l'altro indirizzato verso la valorizzazione del patrimonio genetico locale. In favore della tutela delle razze e varietà locali, la legge regionale, ha previsto 4 strumenti collegati tra loro: 1) Il Repertorio Regionale. 2) La Banca Regionale del Germoplasma (per la conservazione ex ….situ). 3) I Coltivatori Custodi (per la conservazione in situ). 4) La Rete di Conservazione e Sicurezza. In favore invece della valorizzazione delle razze e varietà locali, la legge regionale, ha previsto 1 strumento molto importante: 1) Il Contrassegno Regionale
  • 57. Le varietà da Conservazione Con il termine di Varietà da Conservazione (introdotto nel 1998), si intendono tutte le varietà adatte alle condizioni locali e regionali, minacciate dal rischio d'estinzione per cui esiste un interesse alla commercializzazione delle sementi. Per questo possiamo affermare che il termine Varietà da Conservazione è sinonimo di varietà locale a rischio d'estinzione. La stessa Comunità Europea inoltre ha introdotto la possibilità d'iscrizione delle Varietà da Conservazione in un'apposita sezione del Registro nazionale delle varietà o del Catalogo Comunitario Europeo, rendendone di fatto possibile la loro commercializzazione. Questa possibilità d'iscrizione molto importante per la salvaguardia della diversità genetica, ha incontrato molti ostacoli in fase di attuazione, attribuibili alla mancanza di norme tecniche chiare e condivise.
  • 58. Il Registro Regionale delle Varietà da Conservazione Tuttavia mentre la Comunità Europea, si stava dibattendo su come iscrivere le varietà da conservazione al Registro delle varietà vegetali, la Regione Toscana, in seguito alla mancanza di una normativa specifica per quanto riguarda tali varietà, e dovendo affrontare nell'ambito del territorio tutte le problematiche legate alla conservazione delle varietà antiche, introdusse uno strumento estremamente innovativo, culminato nella stesura del Registro Regionale delle Varietà da Conservazione.
  • 59. Cosa prevedeva e perché è stato eliminato? La legge Toscana, cercò di collocare il Registro delle Varietà da Conservazione, nell'ambito della normativa nazionale e comunitaria già esistente, ma con dei punti di forza in più che sono: il Repertorio Regionale, I Coltivatori Custodi, la Banca Regionale del Germoplasma e la Rete di Conservazione e Sicurezza. Tuttavia però in fase di redazione del regolamento di attuazione della legge regionale 64/2004, l'art. 10 sul registro regionale delle varietà da conservazione è stato stralciato in quanto nel frattempo furono emanate due Direttive comunitarie sulla possibilità di iscrivere le varietà da conservazione ai Registri per le varietà da conservazione.
  • 60. Il Registro delle Varietà da Conservazione Secondo queste 2 Direttive, le varietà da conservazione, per essere iscritte al registro delle varietà da conservazione devono seguire una procedura di accettazione ufficiale la quale deve tener conto di specifiche caratteristiche ed esigenze qualitative. In particolare si tiene conto dei risultati di valutazioni non ufficiali e delle conoscenze acquisite con l'esperienza pratica durante la coltivazione, la riproduzione e l'impiego e anche una serie di descrizioni dettagliate delle varietà e dei loro nomi comuni, così come sono stati notificati dagli Stati Membri. Da queste definizioni si evince chiaramente che le varietà da conservazione a livello normativo non possono per loro natura rispondere in maniera completa ai requisiti richiesti dalle comuni varietà agrarie. Per questo occorre fare alcune deroghe sulla loro omogeneità genetica e sul loro valore agronomico.
  • 61. La Direttiva CE 62/2008 sul Registro delle varietà da conservazione per le specie agrarie Questa direttiva è stata recepita dallo stato italiano con il Dlgs 149 del 29 ottobre 2009, e riguarda principalmente le varietà di specie agrarie (frumento, orzo, segale, mais, patata, foraggere, piante tintoree ecc.). In Italia sono ben 9 le varietà da conservazione di specie agrarie (in particolare mais) iscritte al registro omonimo.
  • 62. La Direttiva CE 145/2009 sul Registro delle varietà da conservazione per le specie ortive Questa direttiva è stata invece recepita dallo stato italiano con il Dlgs 267/2010 e riguarda principalmente le varietà di specie ortive (fagiolo, cece, pisello, pomodoro, melanzana, peperone, cocomero, melone, zucchina, zucca, cavolo, bietola, aglio, cipolla, cicoria, lattuga, carota, zafferano ecc.). In Italia sono ben 8 le varietà da conservazione di specie ortive iscritte al registro omonimo.
  • 63. Cosa manca ancora a livello legislativo? Quello che ancora manca a livello italiano (come stato membro dell'Unione Europea) è il decreto attuativo che permetterebbe di attuare e regolare la commercializzazione delle sementi antiche, secondo quanto previsto dall'Art. 19-bis della legge sementiera 1096/71. La mancanza di questo decreto, tende ha bloccare attualmente la loro commercializzazione ma non l'iscrizione al Registro delle Varietà da Conservazione e l'eventuale scambio gratuito tra gli agricoltori
  • 64. Il caso Kokopelli e la sentenza del 12 luglio 2012 La recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 12 luglio 2012, avviata a seguito della causa in Francia tra la ditta sementiera Baumaux e l'associazione Kokopelli, evidenzia chiaramente due fatti tra di loro molto importanti. Se da un lato per poter commercializzare le sementi, occorre iscriverle al Registro Varietale (così come è sancito dall'obbligo imposto dalla legge sementiera), dall'altra si evidenzia come l'attuale normativa europea sulle sementi, compresa anche quella che disciplina le Varietà da Conservazione non sia più sufficiente a rappresentare l'evoluzione rapida che c'è stata negli ultimi anni in agricoltura da parte dei coltivatori, dei ricercatori, dei tecnici, delle comunità e delle istituzioni nei diversi territori per il recupero e la valorizzazione delle sementi tradizionali.
  • 65. Prospettive future Gli interventi che possono essere messi in atto attualmente al fine di sbloccare questo stallo legislativo e di conseguenza permettere di nuovo la diffusione delle sementi antiche, si possono individuare sia in interventi di carattere istituzionale e pubblico e interventi di natura privata da parte degli agricoltori o comunque delle comunità locali.
  • 66. Interventi di carattere istituzionale e pubblico Tra gli interventi di carattere istituzionale e pubblico ricordiamo: 1) Il rafforzamento della Rete di Conservazione e Sicurezza. 2) Favorire a livello italiano la legge per la tutela della biodiversità. 3) Iscrivere le Varietà da Conservazione al registro. La registrazione risulta: a) Gratuita a costo 0 e con pochi mesi di attesa. b) Può essere fatta da qualsiasi agricoltore o associazione, purché venga … allegata alla domanda d'iscrizione una descrizione botanica, storica e … bibliografica delle varietà tradizionale in oggetto. c) Lo scambio delle sementi resta comunque garantito, perché se non si … vendono non si entra nel campo di applicazione della legge. d) L'iscrizione non determina la brevettazione della varietà (perché le varietà ….locali sono di dominio pubblico), ma implica dei controlli di natura biologica …(germinabilità e vitalità dei semi), qualitativa e fitosanitaria. 4) Favorire l'applicazione dell'Art 19-bis della Legge Sementiera 1096/71
  • 67. Interventi di natura privata Infine tra gli interventi di natura privata o da parte delle comunità locali ricordiamo: 1) Incrementare i circuiti locali di produzione e consumo …e di vendita attraverso la filiera corta. 2) Incentivare le iniziative di scambio delle sementi 3) Favorire l'autoriproduzione delle sementi tradizionali